Italiani nel 25 aprile

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Oggi è uno di quei giorni in cui mi sento un po’ più italiano, o vorrei sentirmi tale.

Spengo TV, internet, radio e apro qualche vecchio libro e riguardo foto di mio padre che la Resistenza l’ha fatta in Liguria e me ne ha parlato solo pochi anni fa una volta, un paio d’anni prima di morire. Davanti a Ballarò è sbottato urlando “i morti non sono tutti uguali, perché in vita hanno scelto!” E lì ha cominciato a ricordare. E’ diventato partigiano per seguire una donna “bellissima”, la sorella di un combattente. E perché suo padre, anarchico e professore alla scuola d’arte di Roma, s’era beccato due pallottole durante il fascismo.

Queste persone mi piace ricordare oggi, questi italiani che un po’ per caso e un po’ per scelta hanno alzato la testa e si sono ribellati. Per i loro figli e nipoti, per noi. Sono retorico lo so, ma chi non lo sarebbe davanti alla lettera lasciata alla figlia da Paola Garelli nell’ottobre del 1944?

562475_504131886319016_1632622068_n“Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che t’allevano, amali come fossi io. Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti, nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio. Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo. Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandoti. La tua infelice mamma”

Buon 25 aprile.

 

 

3 pensieri su “Italiani nel 25 aprile

  1. In questi giorni ho sfoglialto la “Storia dell’Italia Partigiana” di Giorgio Bocca e m’ha colpito una frase che riporta un giudizio dell’autore secondo me attualizzabile alla situazione di oggi: “Perche’ ci sono due modi di protestare contro le ferite e le delusioni della vita: battersi per una vita migliore, o mettere quella che si ha sulla punta del bastone. Per certi italiani nel settembre il nuovo fascismo equivale ad un suicidio.” (pag. 134 dell’edizione del 1995). Io credo che per fare una giusta lettura di queste lettere di condannati a morte bisogna sempre pervicacemente tenere a mente che costoro non furono contenti di morire perche’ non s’erano messi in gioco per morire, bensi’per vivere meglio. Non era il sacrificio eroico che cercavano (la bella morte) ma una vita migliore. La Resistenza era una porta aperta verso il futuro e credo che si rispetta quei morti solo guardando sempre al futuro in modo costruttivo. Ogni modo nichilistico, cui pure e’ facile abbandonarsi, sarebbe uno sfregio alla loro memoria.

    Del libro mi ha colpito un altro aspetto, anch’esso non facilmente ignorabile per chi vive in Italia in questi tempi. Le pagine si preoccupano di distinguere fra mille cose, ma v’e’ un elemento caratterizzato come comune a larghissimi strati della popolazione italiana, spesso anche fra i fascisti: la paura ed il conseguente odio per il tedesco. Una costante piu’ che millenaria fra le classi popolari italiane. Mi sembra che far risorgere e dar libero sfogo a questo tratto sarebbe la sconfitta strategica piu’ grossa, non solo italiana.

  2. Grazie per la testimonianza, indiretta.
    Lo vita mi appare sempre più complessa, essere fiera del mio passaporto italiano … non mi pongo il problema di essere nata per caso in Italia… ma sento che in qualche modo bisogna assumere la responsabilità per il luogo e la gente che (accidentalmente) condivide il ‘destino’ storico che viviamo. Buon 25 aprile, buone riflessioni.

  3. Quando leggo cose che mi fanno inumidire gli occhi e cambiare il battito del cuore non posso che ringraziare la persona che ha scritto quelle cose…

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