Le lingue d’origine nella scuola dell’obbligo

Ricevo dal caro Maurizio Leva questo articolo tratto dal giornale Italia Oggi, di oggi 25 luglio 2006.

Il sottosegretario all’istruzione, Letizia De Torre, spiega le strategie per favorire l’integrazione
Lezioni di lingua d’origine in classe
Gli alunni studieranno la cultura dei loro colleghi immigrati

di Alessandra Migliozzi

Lezioni di lingua e cultura dei paesi di origine in orario curricolare o extra. In più libri scolastici rivisti pensando a un’utenza multiculturale.

Lo scorso 5 giugno un decreto firmato dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Fioroni, le ha assegnato la delega in materia di immigrazione e integrazione scolastica.

E Letizia De Torre, sottosegretario al dicastero di via Arenula,si è subito messa all’opera: nelle sue stanze è cominciato il via vai dei dirigenti scolastici e direttori generali per avviare i lavori attorno a un tema che, secondo
la neo incaricata, «è ormai strategico per il futuro del paese”.

E già   fioccano le prime idee. “Perché se finora si è lavorato in emergenza”, spiega il sottosegretario, “adesso è tempo di andare a regime. La prima fase, quella dell’accoglienza, è finita. Ora comincia quella, più complessa e delicata, della reale integrazione in cui dovremo garantire ai minori stranieri due diritti: quello di sentirsi cittadini italiani a pieno titolo, ma anche quello di mantenere la propria identità  . Dobbiamo creare i presupposti per una società   multiculturale”.

Il ministero si prefigge, dunque, di dare linee guida più forti in materia di immigrazione e integrazione già   a partire dai prossimi mesi. “Il nostro sarà   un indirizzo generale che ormai è più che necessario vista la dimensione del fenomeno, ma si terrà   conto dell’autonomia delle scuole”, spiega De Torre, che elenca anche possibili ipotesi di lavoro. Tanto per cominciare si potrebbe pensare a dei corsi pomeridianio curricolari di lingua (il cinese, l’arabo, gli idiomi dell’Est dell’Europa) e cultura del paese di provenienza degli alunni immigrati, a patto, però, che siano aperti anche ai loro compagni italiani. Per un vero scambio tra culture.

Esperienze che alcune scuole della Lombardia già   stanno mettendo in atto con i bimbi di origine araba. Ma, pur tenendo conto di buone pratiche e eccellenze, la sfida ora è creare una situazione diffusa di progettazione sull’integrazione
che al momento manca.

“Da parte del ministero va sottolineata con più forza la nuova dimensione socioculturale del paese e il ruolo strategico che può avere la scuola nell’ambito dell’integrazione”.

Per centrare l’obiettivo dovranno essere coinvolti anche gli uffici scolastici regionali e gli enti locali. Ci vorrà   almeno un anno per avviare i lavori. Ma già   qualcosa si muove: il ministero sta cominciando a fare una rilevazione dei progetti più interessanti presenti sul territorio nazionale. “Poi bisognerà   agire anche sulle famiglie favorendo gli incontri nelle scuole e le reti a livello territoriale”, prosegue De Torre.

Il terzo passo potrebbe essere quello di rimettere mano ai libri scolastici tenendo conto, soprattutto per materie come storia e geografia, della nuova realtà   multiculturale che si respira nelle classi. Per le risorse bisognerà   fare i conti, è il caso di dirlo, con le ormai note ristrettezze economiche del paese. Ma si potranno usare fondi paralleli come quello Sociale europeo.

MI SONO PERMESSA di evidenziare in rosso le parti che a mio modesto avviso sono le più interessanti dell’articolo, nonché le più reali. Si fa presto a parlare di multicultura ed intercultura, termine quest’ultimo che nell’articolo non era nemmeno citato e che in realtà   è quanto di più difficile da attuare. Persino per noi adulti che ne intuiamo la complessità   del significato, ma che anche per mancanza di occasioni vere e proprie non siamo abituati a mettere in atto. E non parlo del lavoro in classe come insegnanti, parlo proprio di occasioni al di fuori del lavoro, dove ci si trova a contatto con persone di origini, lingue ed abitudini diverse.

La prima riga è quanto di più si salva dell’articolo, che io estenderei anche all’ora di religione. Suggerirei a proposito al sottosegretario di fornire, a ciascuna scuola, un calendario interculturale, utile per entrare direttamente a contatto con l’altro, qui tanto enfatizzato.

Le parti in grassetto sono quelle più scandalose. E’ a dir poco demagogico definire la fase dell’accoglienza come finita. Questo ce lo auspichiamo tutti, ma già   solo un minimo contatto con la scuola dell’obbligo (un esempio per tutti l’intervista a Scilla Luciani, del 26 giugno scorso) ci fanno rendere conto di quanto l’emergenza accoglienza sia alta e di quanto impreparati siano gli Istituti.

Ancora una volta il vertice ignora cosa succeda alla base.

Basta davvero un corso magari extracurricolare, che sicuramente non incide nella media e che quindi perché dovrei frequentare, per porre le basi all’integrazione? Basta davvero solo questo per far sentire a proprio agio, per integrare nella nostra realtà   e in una quotidianità   non generosa, un alunno extracomunitario? Cioè basta un corsetto di lingua e cultura cinese, polacca, rumena, russa, araba per far di un semplice studente sperduto, un cittadino a tutti gli effetti, consapevole, preparato, ben integrato ed italiano? (italiano poi solo se nato da uno dei genitori di nazionalità   italiana, altrimenti ma quale italiano a tutti gli effetti!!!).

Bastano 2 orette settimanali per la conservazione della sua cultura? Ma dove sta la sua famiglia? Dove si parla di coinvolgimento dei genitori? Dove sta la parola intercultura? E’ questa la proposta della sinistra al potere…

No, non ci sto.

E lo so bene che la scuola ha un ruolo fondamentale, ma qui ancora si indora la pillola e prendere in giro tutti gli italiani, non solo gli elettori.

E la sottosegretario De Torre farebbe meglio a girare per le scuole e a perdere un anno per capire cosa sta succedendo, invece che convocare dirigenti scolastici e fare finta che tutto vada bene, con progetti sì interessanti, fondamentali, ma che devono ancora la precedenza all’accoglienza e ad un duro lavoro quotidiano di integrazione in una realtà   scolastica sempre più difficile da gestire.

E basta con questa storia delle ristrettezze economiche…

Postato da Ladylink

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