Pit Corder

Parto da un dato: il nome di Pit Corder ricorre in tutti i manuali di glottodidattica e in ogni libro che si occupi non solo di interlingua ma anche di storia della didattica delle lingue. Pit Corder è riconosciuto come uno dei padri del grande salto che ha fatto sì che negli anni ’70 si soppiantassero definitivamente il comportamentismo e l’analisi contrastiva.
Tutto ciò non ha nulla di curioso. Sorprendente è invece il fatto che Pit Corder conti appena 18 citazioni in pagine internet in italiano. La maggior parte peraltro in bibliografie.

Pit Corder non è una Superstar della glottodidattica, questo è certo.

La “sfortuna” mediatica di Corder è stata quella di non essere riuscito a dare un nome “orecchiabile” alla sua teoria. Parole rivoluzionarie senza nome, o, se vogliamo, con tanti nomi, com’è effettivamente stato.

Ma facciamo un po’ d’ordine. C’erano prima i comportamentisti che dicevano che bisognava ripetere all’infinito le nuove abitudini (la nuova lingua) per dimenticare le vecchie abitudini (la lingua madre). A conforto di questo sforzo Lado diede inizio al filone di studi dell’Analisi contrastiva per trovare quali potessero essere le “cattive influenze” che la prima lingua aveva sulla seconda.

Negli anni ’60 Chomsky ribaltò totalmente la questione mettendo nel cestino l’idea delle abitudini e parlando di scoperte e ragionamento dell’appredente: iniziava l’era del Cognitivismo. Nuove nozioni quali mente, concetto, strategia divennero centrali. In questo clima Pit Corder nel 1967 scrisse il celebre articolo citato in tutte le bibliografie The significance of learners’ errors. Corder puntualizzava che l’errore di uno studente non è sintomo di una interferenza tra prima e seconda lingua, non è il sinonimo di una cattiva abitudine da estirpare con la forza quanto piuttosto un modo per chi impara di mettere alla prova le proprie ipotesi sulla natura della lingua che sta imparando.
L’errore diventava improvvisamente buono.
Ma non si fermava qui. Arrivava ad affermare anche che ogni errore di uno studente altro non è che l’esplicitazione di un sistema linguistico che egli conosce ad un determinato punto del suo percorso di apprendimento. E’ ovvio che se c’è un errore il sistema non è “giusto”, ma è comunque un sistema, fatto di regole e di una logica. Quindi l’errore è l’esplicitazione di una logica proprio come lo è una forma corretta. E’ la realizzazione di come chi studia immagina debba funzionare la lingua in quel dato frangente.
Improvvisamente con Corder tutto l’accento viene spostato dalla lingua all’apprendente, al suo “metodo”, alla sua “creatività”.

Cinque anni dopo quel primo articolo di Corder, dopo diversi tentativi di definire questo sistema (nel ’69 lo stesso Corder lo chiamò “competenza transitoria”, nel ’71 “dialetto idiosincratico”, nello stesso anno fu Nemser a definirlo più prosaicamente “sistema approssimativo”) fu Larry Selinker a trovare il nome che mediaticamente farà storia: Interlingua.

Su cosa sia in realtà l’interlingua ancora si discute, non solo nel mondo anglosassone e non solo in Italia. Escono libri (consiglio vivamente “La seconda lingua” di Gabriele Pallotti) e articoli. Ma Pit Corder che ne è stato il teorizzatore non è neanche tradotto in italiano.
Chissà che qualche anima pia un giorno ci faccia la bella sorpresa di riportare a galla le fonti di prima mano del padre dell’interlingua.

Invito quelli che hanno voglia di approfondire l’argomento a leggere questo interessante articolo di Christopher Humphris (I parte – II parte).

6 pensieri su “Pit Corder

  1. Io Pit Corder l’ho studiato all’università (Pisa, Facoltà di Lingue) nella lontana epoca in cui esisteva lo “sperimentale”. Grazie per avermelo ricordato!

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  3. Grazie mille Francesca.
    Sì, parti sparse soprattutto di “The Significance of Learners’ Errors” sono state tradotte e messe qua e là come citazioni. Anche negli articoli di Humphris che ho messo nel post (con l’occasione ho sistemato qua e là…) ce ne sono.
    Cattana-Nesci in edizione Guerra dovrebbe essere del 2004.

  4. Mi spiace dover smentire porfido, ma Corder è tradotto in italiano… qualcosa c’è… è vero che non c’è nulla di tradotto sulla sua teorizzazione dell’interlingua. Ma su questo fronte ci vengono incontro due testi Amato “Analisi contrastiva e analisi degli errori” Bulzoni, 1981 e Cattana-Nesci “Analizzare e correggere gli errori” Guerra, non ricordo l’anno, perché io ho l’edizione della Paravia. In quest’ultimo libro ci sono pezzi interi di Corder qui è là disseminati…riconoscibili da chi ha letto i testi in inglese…
    Francesca

  5. Che bello quando qualcuno riscopre un vecchio articolo.
    A questo poi sono particolarmente affezionato…

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