La mia prima volta… a Fieritals

E così dopo tanti anni e tanti luglio passati a fare altro, decido di andare a Venezia per il Fieritals 2015. Mi accoglie l’austero Istituto Canossiano, che all’evento dà un pizzico di solennità. Nelle varie stanze, tutte comunicanti, erano sistemate le case editrici: tavoli traboccanti di libri, colleghi curiosi, tanto gentili quanto “arraffoni”, borse che si incastrano, corpi che si sfiorano, scuse che si ripetono come ritornelli. E così, tra le più blasonate Alma Edizioni, Edilingua e Bonacci-Loescher, trovano spazio la Mondadori-Le Monnier, Difusión-Casa delle Lingue e la nuova (almeno per me) Ol3.

Ho seguito cinque incontri in cui venivano presentati due testi nuovi, la nuova edizione di un manuale e una riflessione socio-culturale sui gesti, che spero poi auspicasse a diventare uno spunto per una lezione (provata dalla giornata ho abbandonato la sessione, spinta anche dalla scomodità delle sedie, parliamone!).

Ho lasciato la fiera sicuramente entusiasta, contenta per il mio bottino e per le compagne di viaggio, ma un po’ perplessa. Continua a leggere

Insegnare l’italiano a stranieri (2)

Riapro il blog con una nota secca. Un post che voglio il più conciso e spoglio possibile.

Fra le parole di ricerca con cui più di frequente i nostri lettori arrivano al blog c’è “come faccio ad insegnare italiano agli stranieri” e le sue molte varianti.

Ebbene, sia detto forte e chiaro: il lavoro non c’è e quello che c’è è malpagato (anche 8 euro l’ora) e ineluttabilmente precario.

Molte istituzioni (università, scuole più o meno serie, ecc.) in questi ultimi dieci anni hanno venduto corsi, master, specializzazioni di vario tipo. Se avessero correlato la loro offerta alla effettiva richiesta di insegnanti in Italia e all’estero, molti di questi percorsi di formazione non sarebbero nati neanche in idea. Il risultato è che oggi per concorrere a posti da 10 euro l’ora o poco più ci sono persone con specializzazioni, articoli pubblicati, dottorati. Non scherzo e non esagero, le conosco personalmente.

Anche l’emigrazione, da molti vista come il bengodi (senza contare i sacrifici che invece sempre comporta) non può essere realisticamente considerata per trovare un lavoro adeguato e stabile. Solo pochissimi, preparatissimi, con ferrea grinta sono riusciti ad avere contratti e visti permanenti in paesi stranieri, spesso oltre i quaranta anni e in posti disagiati dove i locali non vogliono andare. Inoltre, quasi sempre ormai le università straniere richiedono un dottorato in una materia ‘forte’ (linguistica, storia del teatro, storia del cinema italiano, storia della letteratura, ecc.) e la comprovata capacità di fare ricerca in quell’ambito. Ciò vuol dire che anche fuori confine l’insegnamento linguistico viene considerato come una materia ‘accessoria’.

In Italia non esiste una classe di concorso per l’insegnamento di italiano agli stranieri nel settore pubblico. E comunque quando e se esisterà sarà probabilmente saturata immediatamente dai precari della scuola ordinaria spalleggiati dai sindacati confederali.

Spero il messaggio sia chiaro per tutti coloro che sono arrivati al nostro blog mettendo in Google “come faccio ad insegnare italiano agli stranieri”.

Esami di lingua per immigrati.

In molti paesi chi richiede un visto di lavoro o di residenza permanente deve dimostrare (fra le altre cose) di avere una minima competenza comunicativa. In altri, no, fra questi ultimi indovinate quale si trova.

Continua a leggere