Il teatro a lezione di italiano secondo il Plida (2016)

Il titolo del XXXIV corso Plida di aggiornamento docenti, che senza un reale motivo o giustificazione concepibile, non appare sull’attestato di frequenza, ve lo svelo subito: “Così è (se vi pare)” Il teatro in classe: realtà e finzione nell’aula di italiano. 18-20 novembre 2016.

Ebbene sì, ho partecipato a questo corso di aggiornamento, durante il quale ho conosciuto tanti bei colleghi che hanno anche voluto condividere qui la propria esperienza. La mia opinione sul corso è tuttora fluttuante. Mi sarei aspettata di uscire dal corso con più consapevolezza; mi rimane un’infarinatura, che spero di riuscire a far fruttare prima o poi (studia ladylink, studia!). Detto questo, vi illustro brevemente il programma del corso e vi lascio alle opinioni dei miei compagni di avventura. La mia è in calce e nel finale lascia il posto a una bibliografia per i più curiosi e ardimentosi. Continua a leggere

John Cassavetes e l’insegnamento di lingua

Non so spiegare perche’, ma secondo me c’entra moltissimo con il modo di condurre una buona lezione di lingua.
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Pillole dal seminario Dilit – 4

Le due relazioni e tutti i laboratori sono in versione video sul sito della Dilit.
Invito chi non fosse stato al seminario a dare un’occhiata. C’è davvero di che riflettere.

Clicca qui per accedere alla pagina web.

Un grazie a Christopher Humphris per aver reso pubblici questi strumenti così preziosi.

Seminario Internazionale Dilit 2009

Dilit IH – Roma

17° Seminario internazionale per insegnanti di lingua: 17, 18, 19 aprile 2009

Utilizzo di tecniche e prassi teatrali
nell’insegnamento linguistico

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Il teatro in classe, esperienze a confronto

Come insegnante di italiano per stranieri ho sentito per la prima volta parlare del TLIL su questo gioiellino di blog e leggo dell’esperienza in fieri della Prof.ssa Aldi (cfr. post del 5 aprile) con molto interesse e posto una mia riflessione-ricerca.
Pur rabbrividendo leggendo le parole della Prof.ssa Aldi circa le costanti carenze dell’insegnamento linguistico a livello universitario [le sue studentesse “si lamentano del fatto che a livello universitario non si parli più la lingua straniera ma la si studia solamente da un punto di vista formale...” (intervento del 24 marzo), non si può non rimanere colpiti per l’impostazione del corso, soprattutto la struttura delle prime ore in cui avviene sia il contatto con se stessi e con il proprio corpo, sia quello con il testo vero e proprio e con i compagni di lavoro. Interessante poi leggere: “Ovviamente l’unica lingua utilizzata è quella straniera (nel mio caso francese). La cosa straordinaria è che, accanto alla studio formale della lingua, ossia quella del testo, e quindi ad una serie di interrogativi sulla pronuncia, la grammatica, il lessico…..vi è l’utilizzo spontaneo e creativo della lingua stessa, si pensi alle improvvisazioni, al momento in cui ci si deve accordare su un movimento da fare piuttosto che sul vestito da mettere…

Ciò che più mi entusiasma e colpisce del dettagliatissimo resoconto è il fatto che il teatro offra e rappresenti un motivante, valido e vario contesto per l’uso della LS. Gli studenti hanno quindi una doppia opportunità per praticarla: liberamente negli scambi, nelle riflessioni e nelle interazioni spontanee, ma comunque significative, nell’ambito dell’attività di gruppo, ed in modo più metodico concentrando l’ attenzione verso l’aspetto formale, curando la pronuncia e l’ intonazione (come è descritto nel terzo incontro, in cui avviene l’attribuzione delle parti).
E’ strano quindi ripensare al modulo di fonetica e alla mia insegnante, che insistendo sulla sua importanza e sul suo ruolo ancora da ridefinire all’interno dell’Unità Didattica, altro non ci ha proposto che esercizi ancora troppo forzati, seppur originali e mai banali, ma, ahinoi, totalmente slegati da tutto quello che tratteremmo eventualmente nell’ambito dell’UD.

Molto vicina, seppur diversa, l’esperienza di Anna Comodi, professoressa presso l’Università per Stranieri di Perugia, che tiene nella stessa un laboratorio teatrale dove annualmente mette in scena una storia di ambientazione medievale. E visto l’interesse manifestato a lezione da noi insegnanti, la Prof.ssa Comodi ha affermato che ci avrebbe permesso di assistere alle lezioni; ladylink sarà in prima fila!

Una semplice ricerca su internet mi ha permesso di risalire ad una intervista in cui la Comodi spiega in cosa consiste il suo laboratorio teatrale.

Le due esperienze qui trattate hanno in comune la scelta di un testo funzionale alle relativamente poche ore a disposizione: la Prof.ssa Aldi ne ha 20, la Comodi parla di un mese di lezioni, otto UD e di un testo di 180 righe circa. Le differenze dei contenuti paiono notevoli a partire dal pubblico e dalle modalità. Perché dall’intervista della Comodi si evince che per gli studenti non è prevista una preparazione alla messa in scena così curata come per il TLIL descrittoci da Melissa Aldi, che avendo come meta la complessità della recitazione, coinvolge lo studente in una ricerca che investe il corpo, la mente, la dimensione spaziale come singolo e come gruppo.
Ma questa è una constatazione, non una critica.

Incontrerò la Prof.ssa Comodi la settimana prossima e scommetto sulla sua disponibilità.

Quindi per ora Buona Pasqua…

Il TLIL

Già da un po’ di tempo ormai si parla molto del CLIL (Content Language Integrated Learning), cioè di apprendimento integrato di lingua e contenuti in riferimento all’insegnamento di qualunque materia non linguistica per mezzo di una lingua seconda o straniera (L2). Nel CLIL il contenuto disciplinare non linguistico viene acquisito attraverso la L2 e la L2 si sviluppa attraverso il contenuto disciplinare non linguistico.
Da questa esperienza metodologica nasce il TLIL, ovvero Theatre and Language Integrated Learning.
Per capire in cosa consista il TLIL, più che testi teorici, consiglio vivamente di seguire la descrizione che Melissa Aldi dell’Università di Urbino sta fornendo in progress di un laboratorio di TLIL.
Scrive Melissa: “Nel TLIL (theatre and language integrated learning) per theatre si intende per lo più drammatizzazione e format (si veda T. Taeschner e il suo format narrativo), cioè drammatizzazioni di storie, format appunto, che lo studente deve saper drammatizzare sia verbalmente che attraverso una serie di gesti mirati alla miglior comprensione della storia stessa”.
Il laboratorio (di francese, con 8 studenti, 20 ore per 10 incontri da 2 ore ciascuno) viene descritto in modo dettagliato, vi lascio qui sotto l’inizio (che è in verità un’introduzione) e vi rimando al forum “Teatro e apprendimento linguistico” di insegnare-italiano.it, il portale per insegnanti di italiano a stranieri sul quale settimanalmente Melissa inserisce i suoi aggiornamenti.

I miei studenti “si lamentano del fatto che a livello universitario non si parli più la lingua straniera ma la si studia solamente da un punto di vista formale…
tutti gli incontri alternano due momenti distinti ma che convivono in maniera sinergica: il primo è quello degli esercizi propedeuti al lavoro teatrale vero e proprio, quindi esercizi di rilassamento, di percezione dello spazio, esercizi di coppia senza e con contatto fisico, di improvvisazioni mimate e parlate, per lo sviluppo della fiducia negli altri, di risonanza della voce…..si inizia gradualmente, dapprima concentrando l’attenzione sul singolo e poi sulla relazione con gli altri (il contatto fisico); successivamente ci si concentra sulla percezione dello spazio, quindi il singolo e lo spazio e poi il gruppo e lo spazio; anche per le improvvisazioni è la stessa cosa, prima quelle mimate e poi quelle parlate…..in ultimo vi sarà la vera interpretazione”.

Alcuni link di questo articolo purtroppo sono andati persi.

Peccato…