A ritmo di Rom

bambini rom

Il fatto: in una scuola elementare della provincia di Rovigo sono iscritti solo 19 bambini. Tutti Rom. Gli altri, gli italiani, piano piano negli ultimi due anni si sono spostati tutti altrove. I genitori italiani dicono che i rom rallentano l’apprendimento dei loro figli. L’Opera Nomadi si ribella e vorrebbe chiudere la scuola divenuta un ghetto.

L’articolo che racconta questa storia riporta cause e possibili soluzioni della vicenda, sperticandosi in parole vuote: “visione pedagogica”, “intercultura”, “multicultura”, “didattica”, “integrazione sociale”. Parole vuote non in sé, ma svuotate dal contesto in cui sono inserite.
Nell’articolo si cita una posizione che dice che la didattica interculturale “dà   maggiore importanza ‘al processo sociale dell’apprendimento’ e fa corrispondere i tempi della classe a quelli del bambino più debole o più fragile: tempi interculturali”. Ma da dove viene questa idea? Se questo fosse vero i genitori dei bambini avrebbero tutto il diritto di tutelare l’apprendimento dei loro figli. Ma siamo alla follia. L’intercultura determinerebbe un gioco al ribasso nel ritmo della classe? E poi per quale motivo i Rom avrebbero dei “ritmi” più lenti? Genetici? Mi viene da pensare che si scambi per ritmo la distanza da cui partono queste culture nei riguardi della scuola, una distanza maggiore rispetto a quella dei bambini italiani, ma è una distanza, non un ritmo. La differenza è che la prima è colmabile, il secondo no: è un dato da tener presente per la vita.
Per favore, colleghi di Venezia e del veneto tutto dove siete maestri di queste tematiche, dite la vostra, fatevi sentire..

Un’ultima nota: non ho mai pensato che la responsabilità   delle disfunzioni della scuola (compresi i problemi della classe, il mancato successo di una lezione, ecc.) fossero responsabilità   di come sono fatti gli studenti. Da insegnante ho sempre pensato che se non sono riuscito è su me che devo lavorare, perché in una scuola dominata dalla diversità   devo prima capire (o almeno provarci) e poi strutturare un’azione.
E invece in quest’articolo, nelle interviste ai vari responsabili non esce mai la parola “insegnanti”, mai la parola “strumenti”. Lo capisco: formare insegnanti in grado di affrontare una scuola davvero multiculturale è una visione iperuranica, costosa e al limite futuribile. Un’idea che può essere fonte di applausi in convegni, ma che non deve toccare nemmeno la mente di chi guarda da fuori certi fenomeni.
In fondo meglio un genitore inconsapevolmente razzista che una scuola che preferisce il razzismo piuttosto che affrontare i problemi in modo serio.

PS: Vorrei tradurre una frase dell’articolo che riporta il pensiero del sindaco del paese in questione a riguardo dell’impossibilità   a chiudere la scuola: “Secondo Pizzi si tratta di garantire un servizio ai cittadini, tutelare l’identità   locale e limitare i costi economici”. Ovvero: non rompeteci le balle, non abbiamo nemmeno un euro per il caffè.

Un ultimo pensiero va a quegli insegnanti che hanno deciso di rimanere a lavorare nella scuola: hanno la mia piena solidarietà   e la mia stima, sarebbe interessante sapere loro cosa ne pensano della faccenda.

7 pensieri su “A ritmo di Rom

  1. Sono italiano e x quanto riguarda il “problema rom” o sicurezza, mi viene soltanto da ridere!!!! sono 17 anni, che l’immigrazione clandestina si verifica a ondate incontrollate…e non si è fatto niente x arginarla.
    Allora bisognava proprio che morisse una donna di roma xchè si cercasse di fare qualcosa?????
    è soltanto pura “ipocrisia italiota” e noi del popolo siamo stufi e stanchi di rimetterci i ns soldi x gente che non vuole lavorare x cultura!!!!! i clandestiti senza permesso di soggiorno vanno rispediti alla frontiera e basta!!!!! o che vengano ospitati dai ns politici etc. e chiaramente mantenuti con i loro..pardon i ns soldi!!!
    basta e dico basta con queste false accuse di razzismo!!! i razzisti sono quelli che permettono di far vivere nelle baracche queste persone e di farle arrivare x il loro tornaconto!!!! lo sanno tutti e smettiamola di far sembrare la gente che lavora e che paga le tasse come dei razzisti ignoranti!!
    ignoranti saranno coloro che “ignorano” il problem, tanto loro; non devono avere accheffare con codeste persone!!!
    X quanto mi riguarda, il fenomeno…arricchisce chi vuole il lavoro nero e sfrutta queste persone…senza pensare che recano danno a tutto il paese.

  2. Sono, sposata con un citadino italiano da 3 anni, e portato mio figlio del mio paese per la Italia per ricongiungimento familiare, adesso mio marito non si trova bene con lui e vuole che si ritorne, ma io non voglio, abiamo fatto tutto e siamo in alteza del permeso di soggiorno, domando mio marito può farlo uscire al nostro paese?

  3. Ciao
    sono veneta e non posso dire di non essere razzista, lo ammetto, un pò lo sono ma solo se calpestano i miei diritti di italiana con la scusa che “loro” sono da lontano… e se non hanno rispetto delle mie idee (politiche religiose o altro) ma per il resto ho amici da tutto il mondo di tutti i colori e di tutte le religioni, questo perchè ci rispettiamo a vicenda.
    E la mia migliore amica è una zingara!!
    Secondo me manca il rispetto per un modo di vedere diverso! Ci diciamo civili ma poi…????
    Mio figlio ho dovuto cambiagli scuola perchè non ben visto da altri, perchè nn veste firmato (mio marito lavora tramite agenzia e non sempre, e cmq il firmato non ci interessa per nulla) e perchè amico di un ragazzino zingaro… ma le maestre a che servono?? Oltre alle famiglie dove dovrebbe partire l’educazione anche sul rispetto, anche la scuola dovrebbe insegnare a vivere.
    Se le maestre preside etc.. avessero fatto di più forse anche la scuola di Rovigo nn sarebbe rimasta vuota!
    Forse non ho detto nulla di buono o di bello e forse ho detto stupidate, però sono solidale con voi e con gli zingari…
    Io non sono ne cristiana ne cattolica ma ha ragione Mirjana nel dire che nessun essere umano va isolato se poi ha da insegnarci qualcosa ancor meno!!!!!!!!!!!
    Ciao a tutti! ^__^

  4. Anche a te, Mirjana, come è stato per Maria Laura, non posso che dire un sincero Grazie per aver impreziosito il blog con il tuo intervento.

  5. 1. Ciao, mi chiamo Mirjana,sono di origine rom…vivo in Italia…da molti anni.Viviamo in una società..ingiusta…ogni giorno si sentano cose in perdonabili….Contro i più deboli…io credo che il razzismo sia una forma di ignoranza…e credo che la diversità sia il dono più grande dell’umanità…solo che pochi la considerano e la conoscano….Nessuna persona,al di la della sua diversità culturale merita di essere calpestata….siamo tutti figli di Dio..in quanto siamo immagine del suo amore….ci ha creati per amarci,,non per dividerci….solo attraverso il confronto della diversità possiamo trovare la nostra identità…è attraverso il conflitto possiamo trovare delle risposte…..nel confrontarsi in modo giusto posiamo capire e conoscere le nostre radici ….nessun essere umano va isolato..in quanto è immagine di Dio….Mirjana

  6. Son rimasta veramente stupita. Non sposso credere il razzismo, la discriminazione che si”nasconde” dietro tutto questo. Oggi giorno si parla in tutto il mondo dell’integrazione della diversità, ecc ecc. Cosa verrà dopo? Chiuderanno anche le scuole dove tanti allievi (italiani) non imparano, ma soltanto perchè il proccesso di insegnamento-apprendimento non si adegua ai nuovi bisogni dei bambini? Troppa fatica per l’insegnante sviluppare nuove tecniche, pensare, creare….Più comodo è chiudere la scuola. La diversità culturale è il modo migliore di imparare, e non solo la somma, la lettura; è il modo migliore di capire chè altre cose esistono nel mondo, e rispettarle, svegliare la coscienza della tollerenza, sapere che non solo siamo. Siamo noi e gli altri. Ormai la presenza di inmigranti in Italia è una realtà. Bisogna pensare a nuove tecniche, pensare ad usarle, perchè nel resto del mondo si usano da molto tempo. Evitare il contatto dei bambini italiani con questi straniere solo serve a creare nuovi razzisti italiani. E la verita, quello che mi stupisce di piu’ è che questo succeda a Venezia: basterebbe leggere un pò, solo un pò la storia dell’Italia per conoscere (se non l’hanno mai letto) o ricordare cosa è successo con tanti italiani friulani che sono stati “espulsi” del loro paese dopo guerra; come sono stati accolti quei bambini nei diversi paesi dove sono arrivati 120 anni fa, quando non esistevano ancora nuove teorie didattiche,ma la scuola era d’obbligo e gratuita per tutti. I bambini sono una spugna: esposti all’ambiente naturale della nuova lingua imparano come qualsiasi bambino, la struttura cognitiva non è diversa degli altri, ma questo significa da parte dei docenti impegnarsi. Scusate el mio povero italiano, ma sono figlia di un’emigrante italiana friulana, mi sento un pò italiana benchè non lo sia nei documenti,e mia madre spesso mi raccontava le sue esperienze a scuola, non è stata mai discriminata per il fatto di parlare un’altra lingua, l’ha imparata piu’ presto di quanto si possa immaginare attraverso il contatto con i bambini locali, e la capacità di impare i diverso contenuti scolastici non è stato per lei un problema.Forse il segreto fù la tolleranza raziale.

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