Assapora le lingue con “The Language Cafè”, un mese dopo

Ricordate il post in cui descrivevo la mia esperienza al Language Cafè? No??? Beh, allora mentre vi rinfrescate le idee, posso aggiungere un’altra notizia: uno dei coordinatori dell’evento in Turchia, avendo saputo del mio post, ha deciso di presentarlo come contributo. Sono felice di potervi inoltrare il link

E mentre leggete, spero che ne rimaniate colpiti e che anche nelle vostre strutture riusciate a mettere su un Language Cafè

6 pensieri su “Assapora le lingue con “The Language Cafè”, un mese dopo

  1. Pingback: il due blog - il blog degli insegnanti di italiano per stranieri

  2. Eccomi, ho avuto un blackout internet di qualche giorno, causa lavoro. Me ne scuso e cerco di spiegarmi:
    Sul post scrivi “spero che ne rimarriate colpiti”. Guardando più volte bene in faccia questa frase, continuo a essere molto convinta che ci sia qualcosa che davvero non va. E pensandoci, guardando anche la tastiera del mio computer e la collocazione dei tasti, una svista di digitazione mi sembra possibile, certo, ma… ma continua anche a tornarmi in mente l’ipotesi di un Frankenstein verbale creato involontariamente (inconsciamente?) e che coniuga un congiuntivo e un futuro in un modo che non mi era mai capitato di vedere prima d’ora. Il tutto pur sulla sola pagina (internet) scritta, stride nelle orecchie e davvero accalappia l’attenzione distraendola dal resto del post e dal link, interessanti e stimolanti come tutti i post e i link di questo blog. Fossimo su un blog di cucina, di sport, di cinema, di qualunque cosa, ci farei lo stesso attenzione, ma non più di tanto. Però siamo su un blog fatto da individui professionalmente più che preparati, che trasmettono la lingua italiana a persone che vogliono impararla. E quindi semplicemente sono rimasta un po’ sorpresa. Soprattutto, come dicevo anche nell’altro post qui sopra, onestamente non mi so spiegare come sia possibile che non ci sia stato nessuno che si sia fatto vivo per notare il Frankenstein, metterlo da parte magari con una battuta simpatica, e ridare alla lingua che usiamo una credibilità accettabile.
    E’ come quella favola dei vestiti dell’imperatore: l’imperatore va in giro nudo convinto di avere addosso un vestito meraviglioso, e nessuno gli fa notare l’errore. Non glielo si fa notare perché non vale la pena, perché ci si diverte a vedere l’imperatore che si cuoce nel suo brodo, o perché le convenzioni vogliono che educazione significhi (oggi, purtroppo) solo non aiutare le persone a redersi conto degli errori che fanno, anche quando questi errori possono (con un po’ di buona volontà…) essere archiviati come minuscoli???
    Non so, forse la grammatica italiana è cambiata e io non me ne sono accorta perché vivo lontana.
    Un caro saluto, v

  3. cara valentina

    ti scrivo per chiederti una spiegazione inerente al tuo primo commento. Non riesco a capire se riguarda il post di riferimento: Assapora le lingue con “The Language Cafè”, un mese dopo, oppure se riprendi una discussione precedente.

    Te ne sarei molto grata perché sinceramente ho difficoltà a capire a cosa ti riferisci quando scrivi: “Buongiorno. Mi sono trattenuta a lungo dal fare un commento e forse avrei potuto trattenermi ancora. Ma nel post qui sopra c’è davvero qualcosa che non va, soprattutto essendo all’interno di un blog di e per gli insegnanti di italiano come lingua straniera.”

    Grazie

    ll*

  4. Ecco, mi sono sbagliata anche io, ho scritto “specie quando si conosce” e volevo invece dire specie quando NON CI SI conosce. Fumavo, e nel breve intervallo tra la sigaretta e il portacenere s’è perso un pezzo. Di nuovo perdono : )

  5. Buongiorno. Mi sono trattenuta a lungo dal fare un commento e forse avrei potuto trattenermi ancora. Ma nel post qui sopra c’è davvero qualcosa che non va, soprattutto essendo all’interno di un blog di e per gli insegnanti di italiano come lingua straniera.
    Ogni mattina vengo qui e controllo se qualcosa in questo intervento è cambiato, se è comparso un post dell’autrice o se magari ce n’è uno di qualche lettore. Con la spontaneità a volte si risolvono molte cose, il buon umore coordinato alla spensieratezza con cui si prende atto schiettamente e con sicurezza degli sbagli è un toccasana per tutti, mittenti e riceventi di tutti i tipi di messaggi in tutti i tipi di comunicazione, scritta e vocale.
    Se invece manca la spontaneità, se le persone se ne rimangono a casa a fare gli occhi grandi e le facce davanti errori degli altri, naturalmente non ci si corregge, non si progredisce, non ci si amalgama, e poi non ci si spiegano nemmeno, quando capitano, le scolaresche disattente e annoiate. Proprio dagli studenti ho imparato che quando si riconosce con serenità e simpatia una “svista” si esce dal ruolo, spesso rigido, dell’insegnante, e si (ri)diventa persone, e tra persone una forma di comunicazione la si può sempre trovare; tra ruoli invece no. Una svista può sempre capitare.
    Io francamente rimango perplessa di fronte a cose del genere. E’ come quando si passa una serata tra amici, e c’è anche qualcuno che ti piace, e tu gli sorridi a non finire, e nessuno ti dice che hai un pezzo di verdura gigante in mezzo ai denti, e te ne accorgi solo quando arrivi a casa, dopo aver fatto la bella e la disinvolta tutta la sera. E in questo io ci vedo qualcosa che non va. La stessa cosa qui. Quando si scrive, specie se di fretta o magari con una dose generosa di entusiasmo, un particolare può sempre sfuggire, e non è mai grave. Però, lasciarlo poi così, a posteriori, in balìa dei pensieri degli altri… Non so. Mi suona strana, lo ripeto, quella che a me sembra una mancanza di spontaneità. Ma forse sbaglio io, forse non conosco più gli usi e i costumi degli italiani. Inoltre quando batto sulla tastiera una emme al posto di una enne, faccio un comprensibile errore dovuto alla fretta e alle dita forse un po’ legnose. Ma quando al posto di una lettera corretta ne batto due scorrette, allora creo una specie di Frankenstein grammaticale, e forse non si tratta di una svista. Forse avevo in mente un futuro e l’ho appiccicato a un congiuntivo. E’ strano comunque trovarsi a leggere un Frankenstein del genere non vivendo più in Italia. Mi viene in mente per associazione quella direttrice di una scuola di italiano nella quale ho lavorato in Germania, che diceva sempre “ridAvamo”, “PrendAvamo”… e poi quando ereditavo i suoi studenti parlavano puntualmente anche loro tutti così, e se tentavo di correggerli mostrando loro la semplice regola sul libro, poi dovevo subire per mesi rappresaglie tanto violente quanto striscianti e in sordina dalla direttrice inviperita, perché gli studenti si erano andati a lamentare per l’italiano scorretto che lei stessa gli aveva insegnato. E io mi domandavo a quell’epoca, seriamente in imbarazzo: ma in questi casi cosa si deve fare? Lasciare che 20 persone fiduciose e che pagano una retta mensile a tre zeri parlino italiano in un modo raccapricciante, viziato non solo dalle difficoltà delle essere stranieri ma anche dall’avere avuto insegnanti (direttori addirittura!) “imprecisi”, oppure devo andare incontro agli studenti e poi subire la faccia sdegnata e offesa di una persona che avrebbe potuto pensare da sola ai propri errori? Il perché uno faccia un errore è a volte insondabile, specie quando si conosce. E non sta neanche bene mettersi a scavare nei perché degli altri. Io però mi domando perché tutti hanno fatto finta di niente. E questo mi sembra legittimo chiedermelo, perché se uno comincia un blog, è perché in qualche modo desidera condividere qualcosa con altre persone. E se le altre persone, nel bene e nel male, reagiscono solo per cortesia o per il proprio interesse…
    E per di più chiedo anche scusa, per tutto ciò.
    v

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