Potere della mente

Un articolo pubblicato qualche giorno fa su Repubblica on line (rintracciabile QUI) riportava una nuova tendenza della didattica che sta prendendo piede negli Stati Uniti.
La “nuova moda” sarebbe quella di dividere gli studenti in classi maschili e classi femminili per migliorare l’apprendimento degli studenti.

Naturalmente alla base della tendenza c’è un libro (che si intitola ‘Il cervello dei maschi: come evitare ai nostri figli di rimanere indietro nella scuola e nella vita‘), supportato da ricerche scientifiche che dimostrerebbero come i cervelli dei due sessi abbiano geneticamente differenze sostanziali riguardo alle abitudini e alle disposizioni di apprendimento. I ‘maschietti’ sarebbero più irrequieti per colpa della serotonina mentre le ‘femminucce’ più propense alla discussione per via dell’ossicina, quelli più competitivi, queste più riflessive.
Anche la statistica mostra l’emergenza: ‘Il 70% dei bambini con difficoltà nell’apprendimento sono maschi. L’80% degli studenti delle scuole superiori che abbandonano la scuola è di sesso maschile e meno del 45% degli iscritti al college sono ragazzi’.
Risultati della fortuna del libro: ad oggi “le scuole pubbliche che offrono un’educazione separata in base ai sessi sono 185 e gli insegnanti che hanno fatto training nel suo istituto sono oltre 15.000”. Dove il riferimento anaforico del ‘suo’ è Michael Gurian, l’autore del libro in questione. Faccio notare che non ho letto il libro e chiunque lo avesse fatto e non fosse d’accordo con i contenuti che ho riportato (credo fedelmente) dall’articolo della Repubblica può scrivermi o commentare questo post.

Come insegnante che si occupa da anni di educazione non soltanto intersessuale (che pensavo fosse ormai un dato acquisito dalla nostra epoca) ma interculturale e multiculturale, che cerca di trovare strumenti sempre più utili a migliorare l’apprendimento, ecc., sono scioccato da tali fenomeni.

Mentre le più intelligenti teorie sull’apprendimento si affannano (da decenni ormai) a mettere in risalto come la dimensione sociale sia un motore imprescindibile per migliorare l’apprendimento, mentre noi insegnanti ci interroghiamo quotidianamente per trovare modi nuovi per intendere l’insegnamento in luoghi (le classi) in cui la presenza sempre più massicia di stranieri ci invita a ripensare il concetto stesso di ‘differenza’, a trasformarlo da freno in forza, certe idee come quella del Professor Gurian – e ancor di più la loro fortuna – mi fanno cadere le braccia.

Valorizzare le differenze, imparare a conoscerle e a rispettarle non è solo un compito di noi educatori ma un obbligo di tutti, soprattutto nel difficile momento storico che stiamo vivendo.
Del fatto che maschi e femmine fossero diversi… beh, di questo se n’erano già accorti in molti, ma non è dividendoli che continuiamo a venire al mondo.

Carlo Guastalla

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