«Solo il 29 per cento degli italiani
sa padroneggiare la nostra lingua»
È quanto ha affermato il professor Tullio De Mauro nel corso dell’incontro «Leggere e sapere: la scuola degli italiani». La notizia da due studi internazionali
Appena il 29% degli italiani possiede ancora gli strumenti linguistici per padroneggiare l’uso della nostra lingua nazionale. È quanto ha affermato il professor Tullio De Mauro nel corso dell’incontro a Firenze, «Leggere e sapere: la scuola degli italiani». «Il 71% della popolazione – ha detto De Mauro – si trova al di sotto del livello minimo di lettura e comprensione di un testo scritto in italiano di media difficoltà: il 5% non è neppure in grado di decifrare lettere e cifre, un altro 33% sa leggere, ma riesce a decifrare solo testi di primo livello su una scala di cinque ed è a forte rischio di regressione nell’analfabetismo, un ulteriore 33% si ferma a testi di secondo livello. Non più del 20% possiede le competenze minime per orientarsi e risolvere, attraverso l’uso appropriato della lingua italiana, situazioni complesse e problemi della vita sociale quotidiana. Ce lo dicono due recenti studi internazionali, ma qui da noi nessuno sembra voler sentire».
L’allarme e la forte preoccupazione espresse da Tullio De Mauro investono direttamente il nuovo Governo Monti, «che al momento sembra aver dimenticato l’istruzione», ha affermato il linguista dell’università La Sapienza di Roma, già ministro della Pubblica istruzione. «Il presidente del Consiglio, nel suo discorso, ha parlato velocemente di rialzare il livello della formazione dei lavoratori», ha aggiunto. Un ammonimento, quello di De Mauro, che non chiude alla speranza: «Giolitti non parlava mai di istruzione, ma fece cose importanti. Non occorre parlare tanto, basta fare».
Dal quadro di «dati allarmanti» illustrati da De Mauro, discende un indebolimento strutturale della nostra società, dopo la fase storica, tra anni Cinquanta e anni Ottanta-Novanta, in cui «il livello di scolarità è cresciuto fino ad una media di dodici anni di scuola per ogni cittadino, contro i tre anni a testa, in media, del ’51». Il fenomeno è in atto, c’è il pericolo concreto di un analfabetismo di ritorno, una «regressione alfanumerica dilagante tra le persone di età adulta» e, «come rilevato da alcuni economisti – avverte De Mauro – è da collegare con il ristagno economico italiano, che non è stato determinato dagli ultimi governi, nè quelli di Berlusconi, nè quelli di Prodi, ma risale fino all’inizio degli anni Novanta». La situazione è grave, ha osservato De Mauro, «più grave ancora è che nessuno se ne stia occupando e affronti la questione seriamente, se non un gruppo di stimabili economisti, appunto, tra i quali il nuovo Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. Eppure i fatti sono lì e lì rimangono».