Oggi propongo un articolo di ormai 25 anni fa scritto da Christopher Humphris e reperibile insieme a molti altri sul sito della Dilit – IH. Mi sono imbattuto in questo testo e credo che, in molte classi, l’invito di Christopher sia ancora inascoltato. La colpa, sia ben chiaro, non voglio darla ai professori, ma a chi non ha ancora capito che la conoscenza di una materia non crea automaticamente un buon insegnante. L’ho sempre sospettato quando ero studente, ne sono certo oggi che sono nell’altro lato della classe.
Buona lettura.
Perché non imparano?
Christopher Humphris
Il concetto tradizionale dell’insegnante è di una persona che dà. “Insegnare” è un verbo attivo, cioè l’insegnante fa qualcosa; lo fa coscientemente, decide cioè che cosa farà e come lo farà, e poi lo fa. Si può fare un’analogia con l’atto di fare un regalo: si formula l’idea, si compra il regalo, e si porta il regalo al destinatario. Il destinatario non è attivo, riceve e basta. È passivo.
Però se spostiamo la nostra attenzione dal verbo “insegnare” al verbo “imparare” viene fuori un’altra visione delle cose. L’analogia fatta non regge più. Dopo che il donatore ha presentato il regalo, il destinatario lo possiede. L’atto attivo di “dare” determina per forza l’atto passivo di “ricevere”. Se una cosa viene data non può non essere ricevuta. Invece sappiamo che tante cose “insegnate” non vengono “imparate”. Conclusione: imparare è un atto attivo autonomo, cioè non dipendente da un atto di insegnamento.
Esaminiamo questo verbo “imparare “. Vuol dire passare da “non sapere” a “sapere” qualcosa. Il destinatario del regalo è passato da “non possedere” a “possedere” il regalo senza fare niente. Il discente, invece, come abbiamo detto, deve essere attivo se vuole passare da “non possedere” a “possedere” nuove conoscenze. Altrimenti, non impara. Il discente non è un destinatario, è un “appropriatore”, prende attivamente le nuove informazioni.
Visto da questo punto di vista il problema del “non imparare”, che è il problema di tutti gli insegnanti, prende tutt’un altro aspetto. Se una persona non impara qualcosa, non è perché l’insegnante non l’ha insegnata bene – abbiamo detto che i due verbi non sono dipendenti l’uno dall’altro. È semplicemente dovuto al fatto che il discente non ha preso. Prima di prendere una cosa una persona ha voglia di prenderla, le interessa o le serve. In queste condizioni la prende, la prende subito, tranquillamente; il discente si appropria della nuova informazione.
Però se la persona si trova in un ambiente in cui il suo diritto di prendere non è riconosciuto da chi ha più potere, avrà la tendenza a non prendere più, almeno quando il potere è presente. Parallelamente il discente che ha un insegnante che gli impone il ruolo di destinatario, è cioè l’insegnante che decide che cosa, quando e in che modo lui dovrebbe ricevere, avrà la tendenza ad assumere un ruolo passivo.
In quest’ottica il ruolo dell’insegnante sarebbe quindi quello di offrire ai discenti esperienze vastissime in modo che la probabilità di incontrare nuovi elementi di conoscenza sia maggiore e quindi maggiore sia la voglia di appropriarsene. L’insegnante dovrebbe inoltre dimostrare con una prassi costante di essere convinto che il discente è in grado di appropriarsi delle conoscenze da solo.
È quest’ultimo punto ad essere il più difficile; proprio perché implica l’abbandono totale della figura dell’insegnante che “interroga”, che “controlla”, che “segue” e che ha tutte le particolarità della chioccia.