Per chi suona la campana

Un interessante articolo sul campanilismo, un aspetto della nostra cultura italica non di secondo piano. Anche la parola è interessante come ci dicono gli amici di “Language and the city”.

Il Campanilismo in Italia – può essere superato?

 

4 pensieri su “Per chi suona la campana

  1. :)Eh, eh, m’ha talmente titillato il cervello che m’ha riportato alla memoria una novella di Verga “Guerra dei santi”, che sono andato a ripescare su internet. Verga non e’ autore didascalico e lasciava parlare i personaggi, per chi avesse voluto e saputo intendere:
    “-Dell’ordine rispondo io!- sentenzio’ il sindaco, picchiando in terra coll’ombrella [sic, ma bellissimo], e girando lo sguardo intorno.
    -Bravo! come se non si sapesse che chi vi tira i mantici in consiglio e’ vostro cognato Bruno! – ripicchio’ il vicepretore.
    -E voi fate l’opposizione per la picca di quella contravvenzione del bucato che non potete mandar giu’!
    […]
    -Cos’e’ questa storia della contravvenzione pel bucato?
    – Le solite prepotenze. Ora non si puo’ sciorinare un fazzoletto da naso alla finestra, che subito vi chiappano la multa. La moglie del vicepretore, fidandosi che suo marito era in carica – sinora un po’ di riguardo c’era sempre stato per le autorita’- soleva mettere ad asciugare sul terrazzino tutto il bucato della settimana, si sa… quel po’ di grazia di Dio… Ma adesso, colla nuova legge, e’ peccato mortale, e sono proibiti perfino i cani e le galline, e gli altri animali, con rispetto, che fino ad ora facevano la pulizia delle strade. Alle prime pioggie, se Dio vuole, l’avremo sino al mostaccio, il sudiciume.
    […]
    – Litigherò sino alla consumazione dei secoli! Mi ridurrò povero e in camicia come il Santo Giobbe, ma quelle cinque lire di multa non le pagherò, dovessi lasciarlo nel testamento!”
    Poi nel paesino arriva il fallimento per crisi finanziaria dovuto allo spread, ops, pardon, il colera, e tutti dimenticano la guerra dei santi del quartiere e cercano di aiutarsi l’uno coll’altro, con la coda tra le gambe per paura del Fondo Monetario Internazionale.
    E’ cambiato qualcosa?
    Il testo completo lo trovate qui.

  2. condivido e sottoscrivo il tuo commento, Ciro, anche se per me l’aspetto identitario (e meno clientelare) è molto importante da considerare. C’è un bel romanzo breve o racconto lungo di Michela Murgia che affronta il tema dei campanili: l’incontro. “chi sono loro?”, chiede il ragazzo protagonista della storia al nonno, riferendosi a quelli dell’altra parrocchia. E lui risponde: “sono quello che noi non siamo”. buon venerdì

  3. A mio modo di vedere il campanilismo puo’ essere superato nella misura in cui le procedure amministrative cui presiedono le istituzioni vengano applicate a norma di legge e non in base alle conoscenze personali; cosa che in Italia avviene a stento. Il campanilismo quindi e’ un sintomo di uno dei piu’ grossi fallimenti dello stato unitario: non esser riuscito a creare una struttura amministrativa efficiente, alimentata da un’etica di corpo e quindi impermeabile alle pressioni esterne. In quelle societa’ dove si deve ricorrere alla conoscenza personale per ottenere qualcosa che amministrativamente dovrebbe essere concesso in modo anomimo dalle istituzioni il campanilismo e’ florido proprio perche’ la conoscenza personale viene dalla frequentazione assidua, quindi dalla prossimita’ fisica.
    Come ogni italiano sa, dietro pagliacciate quali palii, sbandierate, santi patroni, minestre di legumi della nonna Checca, ecc. si nasconde il clientelismo (inteso in senso ampio), che e’ il vero puntello del campanilismo. Non e’ un caso quindi che la legge di riduzione delle province sia stata sempre promossa da tutte le forze politiche e mai attuata: esse sanno bene che i gusci vuoti delle province sono fonti elettorali. Altrettanto non un caso e’ stato un governo non sottoposto al cappio elettorale che realizza la legge di riduzione delle province; e infatti, come logica vuole, il primo atto politico dopo la sfiducia a quel governo e’ stato fatto da un parlamentare oscuro del PdL: presentazione di eccezionalita’ di costituzionalita’ per la legge di abolizione delle provincie. Scommetto che fra i banchi del Parlamento egli e’ molto benemerito trasversalmente.
    A sostegno di questa analisi mi pare si possa addurre anche una prova grafica: il partito UDEUR di Clemente Mastella era un partito che aveva eletto a ideologia fondante il clientelismo: non usava proprio la parola “clientelismo”, ma insomma i giri di parole erano piuttosto franchi; sia detto a suo merito. Cosa aveva come simbolo elettorale quel partito? Un bel campanile.

    😉

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