“Ildue chiacchiere con”… Elisabetta

Ilduechiacchiere con di questo post è stato possibile grazie alla disponibilit di Elisabetta, una dei tre colleghi italiani che condividono con me l’onere di italian instructors qui ad Izmir, nella mia stessa universit .

L’ufficio mio e di Elisabetta sono uno accanto all’altro e questo ci permette di passare sempre qualche minuto insieme nei tempi morti tra una lezione o una riunione e l’altra.

Anche lei è fresca di Master in Didattica dell’italiano a stranieri e come me ha deciso di sfidare la sorte ed atterrare ad Izmir. L’Elisabetta che conosciamo ed apprezziamo tutti è una persona piena di energia e di idee, che non perde mai l’occasione di parlarci del Sud America e soprattutto del Messico e di Monterrey, dove ha vissuto per quasi due anni. Vista quindi l’attenzione de ildueblog verso il Sud America e la preziosit della testimonianza di Elisabetta, ho pensato di fare due chiacchiere con lei. La conversazione si è dilungata a tal punto che ho dovuto dividere il nostro scambio in due post.

Ecco a voi la prima parte.

LL: Allora Elisabetta dove hai iniziato a lavorare e quando?

E: Ho iniziato a insegnare, come volontaria, nel 2003 in Uruguay. Ero gi laureata (alla Ca Foscari di Venezia n.d.r.) ed avevo portato a termine un corso di formazione chiamato Corso Base Itals, di un anno, a cadenza settimanale, tenuto dagli stessi professori del Master. Lì ho iniziato a capire che cosa significasse insegnare la mia madrelingua a stranieri. Il corso aveva affrontato anche il mondo dell’immigrazione, ma i miei interessi erano soprattutto l’insegnamento dell’italiano come LS ed infatti, appena ne ho avuto l’opportunit , sono andata in Uruguay, a Montevideo. Qui ho seguito 3 corsi di formazione tenutisi presso la Universidad De La Rep blica e lì ho davvero capito che avrei voluto fare questo lavoro, e soprattutto che avrei voluto continuare a farlo in Sud America.

LL: Come sei arrivata in Messico?

E: Da Montevideo ho iniziato a inviare CV in tutte le istituzioni del Sud America in cui si insegnasse l’italiano e sono stata contattata dalla Dante Alighieri di Monterrey.

LL: Di che tipo di corsi ti occupavi?

E: Per la Dante Alighieri mi sono occupata di vari tipi di corsi, d’altronde la scuola cercava di assecondare tutte le richieste possibili ed immaginabili dei clienti (dal corso di scrittura al corso di letteratura contemporanea o femminile) e poiché aveva insegnanti validi e volenterosi, visto che per guadagnare bene è necessario davvero rimboccarsi le maniche.

LL: Quante ore lavoravi alla settimana?

E. Sono arrivata a lavorare anche 40 ore settimanali, rimbalzando da una parte all’altra della citt .

LL: Che tipo è l’ambiente della Dante Alighieri? Chi sono gli insegnanti che ci lavoravano? Insomma chi erano i tuoi colleghi?

E: Eravamo in molti a lavorare presso la D.A., circa una trentina e c’erano sia italiani che messicani, era un bell’ambiente.

LL: Avevi un contratto regolare?

E: No, non avevo un contratto regolare, la D.A. non faceva contratti, ma ho avuto la fortuna di andare a lavorare presso un’universit locale che mi ha messa in regola. L’universit mi ha proposto un contratto, ed è stata l’unico contratto che ho avuto.

LL: Ed i colleghi?

E: Come in ogni posto c’erano colleghi preparati e colleghi meno. C’erano colleghi interessati, che si tenevano aggiornati e che si davano da fare ed altri che aprivano il libro e si limitavano alla spiegazione della grammatica. Però devo dire che la direttrice della D.A. era preparatissima e quando il tuo superiore è una persona con esperienza e formazione, il tuo lavoro ne risente positivamente. Questo è ciò che più mi manca adesso…

LL: …Passiamo agli studenti…

E: Beh… Gli studenti erano altamente ricettivi ed altamente motivati. Erano estremamente interessati alla cultura italiana e ho potuto lavorare con loro in modo molto creativo. Anche la D.A. ci incentivava in questo senso.

LL: Un pubblico molto diverso rispetto ai nostri studenti attuali.

E: Sì, certamente un pubblico molto diverso. La motivazione degli studenti messicani ha stimolato incredibilmente il mio lavoro di insegnante. Questa direi che è la maggiore differenza tra i due contesti lavorativi.

LL: Passiamo al Master in Didattica…

E: Ho deciso che sarei tornata in Italia per proseguire la mia formazione e ho trovato interessante l’offerta del Master in Didattica dell’Italiano come L2, dell’Universit di Padova. Il Master era in presenza e durava 6 mesi. Sembrano pochi, ma in realt sono stati intensissimi, perché la frequenza era di 3 volte alla settimana, con tantissime esercitazioni e nel frattempo lavoravo perché mi dovevo continuare a spesare.

LL: Che tipo di insegnamenti, che tipo di lezioni avete seguito?

E: Quelle del Master sono state lezioni molto laboratoriali. Siamo stati bombardati di nozioni ma anche di laboratori sul cinema, sulla didattica ludica, ci sono stati laboratori anche di letteratura ed arte.

LL: Interessantissimo!

E. Sì, anche se viste le esperienze di lavoro che avevo e visto quello che sto vivendo, mi sto sempre più rendendo conto che il Master ha proposto degli insegnamenti non proprio applicabili alla mia quotidianit in classe . E d’altro canto mi sarebbe piaciuto approfondire delle tematiche come quelle dell’interazione e della gestione della classe, materie che sento di voler approfondire.

Fine prima parte.

“Il due chiacchiere con” Christopher Humphris su S. Krashen

Uno scambio di e-mail tra Christopher Humphris (direttore del dipartimento di ricerca e formazione della Dilit – IH di Roma) e Carlo Guastalla. Tema della chiacchierata: Stephen Krashen.

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Scilla Luciani, poliedrica insegnante di italiano per stranieri

Scilla Luciani è stata una mia compagna durante i lunghi 9 mesi del Master in Didattica presso l’Universit per Stranieri di Perugia, ma ho imparato a conoscerla e ad apprezzarla solo verso la fine, quando ci siamo trovate a frequentare insieme lo stesso Modulo Professionalizzante.

Scilla incarna la figura ideale dell’insegnante di Italiano per Stranieri, poiché a soli 26 anni ha maturato numerose e varie esperienze nel campo. Come insegnante di ILS ha iniziato in Perù, dove a Lima ha tenuto corsi di italiano per studenti di varie et , futuri immigrati in Italia. Al suo rientro, tramite concorso, è entrata come supplente nei corsi estivi alla Universit per Stranieri di Perugia e contemporaneamente ha contattato delle scuole nei dintorni di Fermo (sua citt natale), dove ha iniziato a lavorare come facilitatrice.

Incontrarla per questa rubrica è stato molto gradevole. Scilla parla con molta umilt delle proprie esperienze. Per l’occasione le ho chiesto di soffermarci sul suo lavoro di facilitatrice in una scuola elementare e in una media a Porto S. Giorgio (FM).

Le mie curiosit sono state tante e ho sempre ricevuto risposte esaustive.

La prima cosa che le ho chiesto è stata circa il contatto con gli studenti: “Con i bambini delle Elementari è stato più facile il mio inserimento. Con gli adolescenti delle Medie ho cercato di instaurare un rapporto di reciproca fiducia“. Scilla ha conosciuto i suoi studenti ad anno scolastico gi iniziato, a novembre, venendo letteralmente “scaraventata” in classe.

Alle Scuole Elementari aveva 6 ore di insegnamento, 9 ore alle Medie, durante le quali i suoi studenti abbandonavano le lezioni disciplinari. Iniziamo a parlare della sua esperienza nelle Medie. Il suo gruppo di studenti era piuttosto disomogeneo, quindi ha impostato dei lavori differenziati, seguendo sia le indicazioni degli insegnanti, sia i bisogni e le preferenze dei ragazzi; il suo è stato un ruolo di sostegno. La vera difficolt , però, non è stata tanto quella dell’organizzazione del lavoro, quanto quella di capire chi aveva davanti e soprattutto comprendere i loro comportamenti: “Ho cercato di capire il perché dei loro atteggiamenti, soprattutto nel caso de i ragazzi più demotivati che non accettavano la scuola e non ne capivano il fine. Gli insegnanti delle varie discipline in alcuni casi avevano cercato di stabilire un rapporto più stretto con questi ragazzi, andando incontro alle loro esigenze e prendendo coscienza delle loro difficolt , ma alla fine ritornavano ai loro veri obiettivi, cioè i voti sul registro; di conseguenza il loro intervento non era orientato verso un vero e proprio apprendimento e verso la crescita formativa dello studente . Gli studenti stranieri avevano, hanno, bisogno di altro“.

E queste stesse carenze Scilla le ha sperimentate sulla propria pelle, visto che il suo lavoro, così importante, lo ha svolto senza avere un reale contatto con gli insegnanti. Qualche incontro sporadico l’ha avuto con quella di italiano e qualche vaga direttiva le è arrivata dal gruppo interculturale, formato da insegnanti che si occupano dell’accoglienza degli studenti. E qui hanno inizio le dolenti note. La presenza del gruppo intercultura, infatti, non è riuscito a risolvere molte questioni fondamentali come quella delle documentazioni e della verifica della scolarizzazione dello studente. Questo è secondo lei una delle problematiche di più difficile gestione: “L’integrazione per questi studenti è molto importante. La scuola per loro è un punto di riferimento. Anche delle piccole soddisfazioni possono essere fondamentali per l’autostima, per l’integrazione, e soprattutto avvertono l’esigenza di essere trattati come i loro compagni italiani, nel rispetto dei compiti che uno studente ha, come ad esempio essere interrogati (…) Per questa ragione apprezzavo molto gli interventi di una insegnante di italiano in particolare, che li interrogava regolarmente, ma non faceva domande inerenti la disciplina piuttosto si interessava della loro vita, dei loro interessi, e l’interrogazione diventava una chiacchierata che serviva come esercizio di lingua per lo studente ma che veniva comunque definita “interrogazione”seguita da una valutazione. Per loro quella interrogazione, uguale nelle modalit (ma non nei contenuti) a quelle dei loro compagni italofoni, era segnale di successo scolastico.

Se fosse un dirigente scolastico apporterebbe subito dei cambiamenti e punterebbe soprattutto su un buon inserimento dell’alunno alloglotto, fin dal primissimo contatto “perché qualsiasi intervento deve partire dalla conoscenza dello studente».

Ha le idee chiare Scilla e molta grinta. Ma le lancette dell’orologio ci riportano alla realt . Il tempo è volato! Grazie Scilla!

inviato da ladylink