Dal Master al Corso di aggiornamento, qualcosa non si è mosso

Quando ho saputo che ad Ankara si sarebbe tenuto un corso di aggiornamento dal titolo “Insegnare l’italiano a stranieri nella prospettiva del Framework”, tenuto da due professoresse che avevo conosciuto a Perugia, al Master, ho spinto molto per poter partecipare e non è stato facile poter partire. Gi però il programma del corso aveva destato in me una sorta di strana sensazione, perché nei contenuti era praticamente identico ai moduli del Master in un caso e ad un intervento ad una conferenza tenutasi a Perugia a maggio, nell’altro. I sospetti si sono poi rivelati tutti fondati nonostante le promettenti premesse circa l’importanza del Framerwork, circa la difficolt della sua interpretazione ed attuazione ma soprattutto vista l’importanza che rivestono, quindi, i testi autentici.
Venendo a noi, rileggendo le premesse e alla luce di quello a cui ho assistito, posso affermare che queste due insegnanti hanno riproposto esattamente un pacchetto standard.

Ascoltandole, mi sono prima di tutto resa conto del fatto che riascoltare e ritornare sulle cose gi fatte è sempre utile, ma mi sono anche chiesta se è poi possibile che con la scusa della prospettiva del Framework si debba portare in giro in tutto il mondo lo stesso ed identico format.
Uno dei moduli affrontava i concetti di manipolazione, semplificazione e facilitazione del testo autentico. E’ chiaro che ovunque io mi trovi, per testo autentico intendo comunque la stessa cosa e i suggerimenti, le tecniche per l’approccio al testo saranno le stesse, sono gli studenti a non essere gli stessi.
Se è diverso insegnare ILS ed L2, allora riconosciamo che la nobilt e qualit del format non giustificano comunque questo tentativo di omologazione. E le mie perplessit aumentano proprio quando, seguendo le classificazioni del Framework ( a proposito, da 3 mesi esiste anche la versione turca), mi rendo conto che ad un livello A2 un mio studente ci arriva dopo circa 1,5 anni di studio ( circa 150 ore, 3 corsi da circa 50 ore), mentre uno spagnolo ci metterebbe 1/3 esatto del tempo.
Che cosa intendo dire? Che le peculiarit dello studente turco che studia italiano in Turchia non sono state minimamente tenute in considerazione. Senza dovermi soffermare troppo nello specifico, mi chiedo se questo sia dovuto a una non-richiesta da parte di chi ha contattato la Stranieri per il corso di aggiornamento, che pensava magari di dare un’infarinatura generale ai professori o se in realt la specificit dello studente di ILS non sarebbe stata comunque presa in considerazione. E questo perché? Perché non esiste nulla a proposito dello studente turco, di qualsiasi et , che studia italiano in Turchia o perché questi Corsi sono standard e sta a noi riaddatarli alla nostra realt ?

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E’ stato fatto ascoltare Fiorello che nel suo programma su Radio2 imita il conduttore di Art Attack. Io ridevo mentre le mie colleghe turche:

cercavano di capire chi fosse essenzialmente Fiorello

cercavano di capire chi stesse imitando

cercavano di capire cosa stesse dicendo

cercavano di cogliere l’ironia nelle sue parole

Alla fine della registrazione è nato un dibattito perché le mie colleghe asserivano che la versione turca di Art Attack non esistesse, altri replicavano che invece c’era. A prescindere da questo: è un cattivo insegnante di italiano chi non conosce Fiorello? I miei studenti non conoscono il programma, presento lo stesso questo ascolto solo per il fatto che è lingua autentica? Quanto e come devo prepararli prima di un ascolto del genere? Quell’ascolto era pensato per una classe di livello B2, se non ricordo male. Non ho studenti B2, che ascolto autentico posso far fare ai miei studenti quasi A2?
I Turchi non hanno trovato ironico Fiorello: italiani e turchi hanno un umorismo diverso. Ma avevo bisogno di ascoltare questo brano per rendermene conto? Da quel brano che elementi della cultura italiana vengono messi in risalto? Che elementi posso sfruttare con i miei studenti universitari ventenni? Ma ai miei studenti interesserebbe?

Io ad Ankara non ho trovato le risposte…..

Ma davvero le mie perplessit sono infondate?

Come al solito O°°OO0ooMUMBLE MUMBLEO°°OO0oo

C’era una volta: lo sgomento

Sono alle prese con la correzione degli esami di metà semestre, pagine e pagine di esami, scritti rigorosamente a matita, perché le regole circa i comportamenti da tenere durante l’esame erano tra le più bislacche, ma nulla era scritto circa il dover scrivere con la penna, ba!

Comunque, ecco… la correzione degli esami non piace a nessuno, ammettiamolo, ma va fatto. Le pagine sono veri campi di battaglia soprattutto al terzo anno. Ho esattamente 30 studenti del terzo anno, due classi da 14 e da 16 studenti.

Quello che posterò oggi è la composizione di una studentessa, che credo sia tra le peggiori dei 30, sia per la quantità degli errori sia per la pochezza dei contenuti. La trascrivo e mi chiedo: cosa posso realmente fare come insegnante? Cosa devo affrontare? Cosa ho sottovalutato, sopravvalutato o non considerato?
Intanto vorrei presentarvi F., l’autrice…F. ha circa 20 anni. Studia una materia legata legata al mondo dei computer (cioè è tra gli studenti che sono reputati avere un po’ di sale nella zucca). Non so se sia portata o meno per le lingue. Comunque è tra le più timide. E’ molto educata e silenziosa e sempre sorridente. Sta al terzo livello, quindi con me ha rivisto il passato prossimo, ha studiato sin da ottobre imperfetto, imperfetto e passato prossimo ed alcuni connettivi come siccome, poiché , perciò, dunque, quindi, mentre e durante. Abbiamo fino ad ora rivisto i pronomi diretti ed indiretti, che erano nell’esame.

Circa 12 ore prima dell’esame lei e una sua cara amica e compagna di corso vengono a ricevimento e mi dicono che non avevano ben capito la differenza tra passato prossimo ed imperfetto e tra i pronomi diretti ed indiretti. Cado dalle nuvole ma mi arrabbio anche, non direttamente con loro. Abbiamo avuto abbastanza tempo per rivedere questi argomenti, soprattutto c’è stato il ripasso e inoltre i pronomi indiretti e diretti sono argomenti dell’anno precedente. A me sembrava che fosse tutto chiaro. La classe aveva risposto positivamente (se così di può dire) al ripasso, non avevo rilevato difficoltà particolari rispetto a quelle che avevamo immaginato proponendogli quel tipo di ripasso. Poi però loro vengono a ricevimento e mi crolla il mondo. Ma mi arrabbio anche, perché 12 ore prima dell’esame, è un po’ tardi per schiarisi dubbi di quella portata.

Ma passiamo alla composizione:

TITOLO: RACCONTA DI UNA VACANZA, DI UN VIAGGIO CHE TI E’ PIACIUTO MOLTO: COSA HAI FATTO, COSA HAI VISTO, CHI HAI CONOSCIUTO?

SVOLGIMENTO: Io è il mio amiche sono andati sul monte Uludag. Per tre giorni. Siamo stato in hotel. Hotel era’ bellisimo grande. Il mio amiche e io siete sciveti. Abbiamo giocato con il neve, abbiamo leggeto il libri, abbiamo dormito. Il tempo è troppo freddo. La sera siamo andati la restarunte per mangiare. Dopo siamo andati il bar per siamo ballati e siamo bevuti. Guando tornavamo a hotel cenavamo, guardavamo la TV, andavo e letto. Passavamo le vacanze a hotel dello mio Padre. Siamo andati con il mia macchina. Hai conosciuto il mia padre.

Punteggio massimo previsto: 15, diviso in 5 grammatica, 5 lessico, 2,5 pertinenza al titolo e 2,5 lunghezza (si raggiungono i 2,5 punti con 80 parole, che sono il minimo richiesto).

Viste le distanze tra L1 ed L2 è apprezzabile l’uso dell’articolo determinativo. Il passato prossimo denota confusione da parte della studentessa. L’imperfetto non è usato correttamente, è l’uso il vero difetto.
Quanta influisce negativamente la distrazione o l’eventuale non predisposizione di uno studente nel produrre una tale composizione?

Ma io cosa posso veramente fare? Perché se è pur vero che nello scritto escono fuori tutte le difficoltà, [soprattutto contando che non ci sono supporti come il dizionario e si è stressati] in realtà credo che una tale composizione (oltre al fatto che realmente dalla studentessa mi è stata comunicata una difficoltà), sia estremamente rappresentativa della difficoltà o incapacità di rielaborare concetti come l’imperfetto e l’uso di questo e del passato prossimo.

Ovviamente da parte mia c’è tanto sgomento e perplessità. E mi chiedo anche quanto male posso aver presentato io l’argomento per aver avuto un risultato così scarso. E cosa mi sta succedendo visto che non riesco a rendermi conto delle condizioni dei miei studenti. Che F. non fosse una studentessa brillante lo avevo capito, ma credo che la situazione mi stia sfuggendo dalle mani…

Quali dovrebbero essere le mie prossime mosse?

Prevedo intanto solo la fotocopia delle composizioni degli esami…che a loro comunque non possono essere consegnanti, ma solo mostrati a ricevimento.

C’era una volta: successive settimane di lavoro

Ladylink in Turchia ha smesso di contare le settimane di lavoro, oramai si può parlare di mesi… I ritmi sono veramente serrati. Ho riportato dei ritardi sul programma del secondo anno, denso di grammatica. Abbiamo dovuto recuperare e nel frattempo prepararci all’esame di metà semestre (tale Mid Term) che si terrà domani sabato, per la gioia di tutti, studenti e insegnanti…

In queste settimane di silenzio ci sono stati momenti di crisi, perché ho avvertito una grande distanza tra quello che so fare e che penso di fare con un minimo di criterio e di fondamento. Quello in cui credo e che ho sperimentato è molto distante da quello che faccio in classe, alle prese con i pennarelli monocolore…visto che l’università passa solo blu e nero. Per quanto il libro di testo sia Rete, in realtà di comunicativo riesco a fare ben poco. Ancora siamo schiavi delle fotocopie, questo ha demotivato alcuni studenti a portare il libro, figuriamoci a comprarlo, io non li biasimo.
Stasera però non ho energie per riportare qualcosa di biografico, anche perché sono reduce da 4 ore di ricevimento (mi sembra giusto venire a chiedere spiegazione sull’uso combinato di imperfetto e passato prossimo a 12 ore dall’esame!) e 4 di lezione, di cui le ultime 2, dalle 1730 alle 1920, mi hanno confermato che ho forti problemi di gestione della classe, che comunque è composta da studenti veramente adorabili, il problema è la classe composta da 23 adorabili studenti. Io arrivo in classe stanca, anche se motivata. Anche loro sono stanchi, giustamente, perché hanno avuto altre lezioni prima. Sono vivaci perché hanno 20 anni, sono vivaci perché hanno 20 anni e sono amici e non tutti seguono il corso per interesse e peculiarità, ma perché sono obbligati ma almeno con gli amici passa prima il tempo. Fatto sta che sono veramente indomabili. Da dopo il Mid Term cercherò qualche soluzione consultandomi con i colleghi e poi chiamerò Ian, quello che poi è venuto a fare osservazione in una mia classe. Più in là avrò modo di riportare il suo commento.

Vi lascio e vi auguro BUON FINE SETTIMANA, con un articolo preso dalla rivista DIARIO, a cui sono abbonata e della quale mi sono stati appena inviati gli ultimi 3 numeri di settembre. Nel numero del 15-09, a pagina 28, c’è un riquadro dal titolo “Dietro la lavagna”, di Franco Milanesi, chiaramente legato all’inizio dell’anno scolastico.

APPELLO

Faccio così: mi presento, nome e cognome, materia, ore settimanali. Poi affronto alcuni nodi sulle interrogazioni e i voti. Questioni disciplinari (“Non metto note, ma vi invito a fare un giro fuori dall’aula se siete in fase di ipercinetica”), programma. La nuova classe è lì davanti, silenziosa e attenta come non lo sarà mai più nel corso dell’anno. Ti osserva per capire, dalle parole e da sfumature non verbali, quale mosaico caratteriale rappresenti: rilassato, qui comando io, preparatissimo, indifferente, uno che quando annaspi offre la mano oppure della serie “non si fanno prigionieri”. Mentre mi sezionano faccio l’appello. Leggo il cognome ed alzo la testa per guardare chi ha alzato la mano. E’ importante la memorizzazione rapida, un segno preciso di riconoscimento. Così faccio strane connessioni tra le fisionomie e le evoluzioni mentali che suscitano i cognomi. Il primo giorno, ogni anno, è identico a quello precedente, un rito. Sarà per questo, che dopo l’appello, mi + scappato un liturgico “l’ora è finita, andate in pace”. Mi è uscito d’istinto, saranno i tempi. Ma è una bella formula, laidamente declinata, per iniziare un anno, e non solo a scuola.

A presto

Ladylink, sempre e comunque non superstiziosa

C’era una volta: tra terza e quarta settimana di lavoro

EXPECTANCY GRAMMAR: CREDENZE ED ASPETTATIVE DEL PROFESSORE DI ITALIANO PER STRANIERI

Tra la terza e la quarta settimana di lavoro in quel di Izmir c’è una domanda che mi assilla e che stasera ha deciso di non mandarmi a dormire: ma noi convinti sostenitori della expectancy grammar, ma che aspettative abbiamo nei confronti dei nostri studenti e nei confronti di ciò che gli propiniamo convinti in tutto e per tutto che sia la cosa migliore per loro e da fare in classe con loro?
In questa universit , in questa ridente citt bagnata dall’Egeo, sto mettendo a dura prova tutte le “credenze” ed esperienze che ho nell’ambito della didattica dell’italiano a stranieri.
Rispettare il programma settimanale alla fine non è difficilissimo. E’ molto più difficile avere il coraggio di proporre tutto quel materiale e di dover “torturare” gli studenti con una serie di esercizi che anche con la più bella presentazione, rimangono mera applicazione delle regole grammaticali.
In realt , proprio in virtù delle mie “credenze” e delle mie esperienze, ho cercato di indirizzare gli studenti verso quel “come” proporre determinati argomenti e quel “come” arrivare a capire determinati funzionamenti della grammatica italiana in cui credo. Non che i risultati non siano soddisfacenti, anzi. Nel testo con cui abbiamo presentato l’imperfetto indicativo erano presenti 3 persone del verbo essere: ero, era ed erano. Abbiamo lavorato alla lavagna. Ho semplicemente scritto i pronomi personali e ho chiesto loro di cercare le 3 persone del verbo “essere” presenti nel testo. Quindi gli ho fatto notare le vocali della prima e terza persona e di intuire la seconda. Non sono stati necessari vari tentativi, perché quasi tutta la classe ha risposto coralmente con un ERI, ed erano veramente entusiasti di questo successo. Li ho un po’ ingannati per la I persona plurale, perché chiaramente la risposta è stata ERAMO, ma dopo aveci scherzato un po’, gli ho detto che c’erano due lettere in più, “VA”, che in realt sono proprio quelle tipiche di questo tempo verbale. Coniugare il verbo AVERE quindi è stata una passeggiata ed io ho ripetuto questo ragionamento con entrambi i 301, i terzi livelli.

Con i 201, i secondi livelli, le mie perplessit aumentano soprattutto per la diversit delle classi. In particolare quella del lunedì e del martedì, dalle 1530 alle 1720, ha la capacit di lasciarmi ogni volta di stucco. E’ l’unico secondo livello che mi ha espressamente chiesto di parlare in inglese. Il problema non è quello di dover spiegare la grammatica italiana in inglese, perché non credo che una spiegazione grammaticale in inglese sia di impedimento al processo metacognitivo o tolga allo studente quella minima possibilit di ascoltare un nativo parlare. Non è proprio così e sono arrivata a questa conclusione dopo lunghe riflessioni, non solo tra me e me. Gli ho comunque chiesto in cambio uno sforzo, e cioè di sforzarsi di capire il più possibile quando parlo in italiano perché la lingua inglese come lingua veicolare ho paura che diventi poi una scusa per ottenre velocemente quello che produrre in italiano costerebbe sforzi notevoli. L’inglese come lingua per la spiegazione grammaticale comunque facilita anche a me la spiegazione di alguni concetti, come quello della differenza tra “sapere” e “potere”: “to be able” e “can”, ma spesso usare l’inglese come tramite aiuta lo studente che ha la possibilit di associare le nuove regole della lingua italiana a quelle della grammatica inglese, visto che la lingua turca funziona in modo notoriamente diverso (per non dire opposto). E’ qui infatti che la grammatica contrastiva diventa un punto di forza e il pericolo di transfert negativo è trascurabile (mi assumo le responsabilit dell’affermazione).

Ma non è di questo che volevo trattare.
Sono le aspettative frustrate, quelle che non mi permettono di spegnere il computer stasera.
In questo gruppo delle 1530 ho proposto per due giorni consecutivi due attivit ludiche, perché volevo intanto vedere come poteva essere la loro reazione e soprattutto non avevo voglia di introdurre un argomento come quello dei pronomi diretti, visto che ci sar una settimana di pausa e sappiamo come rientrano gli studenti dalle vacanze.
Quindi mi sono presa 4 ore di tempo per recuperare un argomento che non ero riuscita a trattare e per impostare una sorta di ripasso-pratica.
Lunedì ho proposto un’attivit forse non ben calibrata visto l’impatto della stessa sugli studenti. L’idea era quella di farli lavorare con i verbi modali. Ho scritto su dei fogli degli eventuali problemi di ragazzi di 20 anni, come loro. I problemi prima li ho scritti alla lavagna in modo che potessero leggerli e tentare di dare almeno un consiglio per problema. Per esempio: “ai miei non piacciono i miei amici”, “mi piace un/una ragazzo/a che non conosco”. Dopo aver ottenuto da loro una frase con un modale per ogni argomento circa, ho chiamato i ragazzi alla cattedra e gli ho appeso il foglio con la frase alle spalle: dovevano leggere i problemi degli altri e dare consigli usando i modali + infinito. Ognuno doveva indovinare qual era il problema scritto alle proprie spalle. C’è stato molto entusiasmo e partecipazione, ma ignoro quello che si siano detti, visto che urla turche si alternavano a flebili verbi o parole di un italiano verosimile. Ma si sono lasciati prendere e hanno voluto attaccare anche a me una frase, indovinate un po’ “non capisco bene le lezioni di italiano” e mi hanno anche dato consigli! Il feedback di questa attivit è stato minimo, bassissimo, ma almeno li ho visti muoversi, animarsi ed in realt anche fare forse troppa confusione rispetto al minimo di pratica in L2. Forse non erano abituati, forse non erano abbastanza motivati, forse erano anche annoiati perché hanno visto la cosa come una perdita di tempo, ma ho sentito che un minimo stava funzionando. Ci sono state solo due ragazze (in un gruppo di circa 14 studenti presenti) che erano contrariate. Una mi ha anche detto: “But why? It’s boring”.
Certo tutto mi sarei aspettata tranne che “noioso”. Ma sono andata avanti come un treno, facendola alzare e muoversi come gi stavano facendo gli altri.

Il giorno dopo prendo un’attivit da RICETTE PER PARLARE (Alma Edizioni): “Pigro o attivo?” Rivediamo gli avverbi di tempo e la coniugazione di un irregolare “salire” e un verbo riflessivo. I ragazzi lavorano, chi più e chi meno. Chi bene e chi meglio. Chi non mi ascolta e non svolge il compito oralmente e chi si sbriga o si racconta i fatti propri. Fatto sta che i ritmi come al solito sono diversi e mentre cerco di dare un minimo di tempo in più ad alcuni, perdo per strada gli altri. Allora decido di darci un taglio e di sentire cosa mi sanno dire della “conversazione” avuta con il compagno. Chiedo di riportare alla classe due azioni e mi accorgo che chi diceva di aver lavorato e di aver finito il lavoro non solo non sapeva trovare un’informazione sul compagno con il quale continuava a confabulare in L1, ma non riusciva nemmeno a coniugare il verbo più semplice… non parliamo poi dei verbi riflessivi o di “andare”.
Lì allora non ci ho visto più. In inglese ho esposto tutte quelle che erano le mie ragioni: “Se facciamo la grammatica non va bene perché siete stanchi e vi stancate ancora di più. Facciamo un’attivit diversa e non seguite le mie istruzioni. Mi dite di aver finito l’esercizio e scopro che non sapete come coniugare i verbi. Ma cosa c’è che non va?”.
Gi , cosa c’è che non va?
Ho riversato su di loro le colpe di un’attivit che non ha dato dei risultati soddisfacenti. Sono da giustificare gli studenti perché forse non sono abituati a fare cose del genere in una lezione di lingua straniera?
Sono giustificata io perché comunque ho fatto ciò in cui credevo e come io credevo?
In realt non solo non riesco proprio a giustificarmi ma non riesco nemmeno a capire perché la reazione della classe ad un’attivit diversa e che pensavo gradevole e meno stancante, sia stata quella di portarla avanti con molta insofferenza.
Essendo il nostro lavoro, è chiaramente frustrante raccogliere zero quando si hanno aspettative alte soprattutto perché l’attivit “Pigro o Attivo” è quanto di più classico e di più ripetuto nelle classi dei primi livelli.

Spesso basta uno sguardo demotivato di uno studente per togliermi la grinta che porto sempre in classe insieme ai libri, fotocopie, pennarelli e quant’altro… e lo sguardo demotivato di mezza classe può veramente togliere l’entusiamo…
Meno male che domani è un altra…lezione!

p.s. in questa famosa classe delle 1530 c’è SaygIn, un ripetente che rispetto agli altri sa gi le regole ma segue senza annoiarsi e disturbare, anzi, mi stupisce ad ogni lezione. SaygIn lunedì ha seguito l’attivit sui verbi modali seduto su un banco ma comunque sorridente. La prima settimana di corso ha ammesso di odiare i compiti per casa e ho trovato la sua esclamazione insopportabile e lo scrissi nel post. La settimana dopo ha fatto in classe i compiti per casa e voleva consegnarmeli, perché sicuramente, a detta sua, se li sarebbe dimenticati, e così è stato: la settimana dopo li aveva dimenticati e mi ha replicato: lo avevo detto, io! Martedì invece i compiti li aveva fatti e li aveva con sé e me li ha mostrati orgoglioso.
Ecco, il racconto dell’evoluzione di SaygIn è la degna conclusione di questo post, che quindi ha un finale positivo a sorpresa anche per me. Tutti i miei sforzi allora non sono vani, se SaygIn ha acquisito un po’ più di responsabilit ed interesse verso una materia di studio.

Questo non vuol dire che la mia mente non continui ad arrovellarsi.

Adesso, però, mi aspetta Morfeo!

C’era una volta: seconda settimana di lavoro

La seconda settimana di lavoro, la prima in classe, è andata bene.

Ho conosciuto i miei studenti e solo ora inizio a ricordare un po’ meglio i nomi. Li ho anche fatti divertire con la pronuncia storpiata dei loro nomi e cognomi. Ma tutto sommato le risate, i miei tentativi e le loro ripetizioni hanno allentato la tensione.

Le prime due ore di lezione sono state lunedì 25 settembre, alle 8:30 di mattina. Sono dure le due ore di mattina presto del lunedì! E la porta della sala fotocopie chiusa (dovevo ritirare le fotocopie per la lezione, lo so, lo so, ho rischiato…ed è andata male), nonché la porta della mia aula chiusa… mi hanno fatto salire il…. il filtro affettivo, a me insegnante!

Ladylink esterrefatta per le coincidenze negative, iniziava la sua settimana di lavoro non al 100%!

E l’emozione, lo stress, le fotocopie, le facce ed i nomi nuovi, nonché l’orario trascritto fitto fitto in un foglio .xls A3, mi hanno disorientata ed ho confuso gli orari di lunedì e martedì e quindi ho saltato una lezione.

Gli studenti mi sono venuti a cercare, erano 4 ma solo 3 potevano iniziare la lezione (con mezz’oretta di ritardo), ma non hanno voluto (furbi!). Le colleghe sono state molto gentili ed hanno cercato di sdrammatizzare, prendendomi anche in giro e la cosa ha alleggerito il clima!

Dopo circa 10 giorni di lavoro posso dire che adattarsi ai ritmi richiederà un po’ di tempo, perché dobbiamo stare in ufficio anche quando non si hanno lezioni e non ci sono riunioni, quindi anche se si deve lavorare “solo” due ore di pomeriggio, bisogna arrivare in ufficio per le 10:30 (almeno si “scrocca” il pranzo!).

Come scritto nel post precedente, il sillabo, che prevede un programma settimanale uguale per tutti i professori di uno stesso livello, è stato impostato in modo da riuscire ad alternare l’esercitazione delle 4 abilità principali. Seguirlo nel dettaglio si rivela difficile perché alcune attività si sono rivelate più lunghe di quello che ho previsto, ma in alcune classi invece sono andata avanti più del previsto. Comunque i bisogni degli studenti hanno dettato le mie scelte, si spera oculate e ho cercato di adattarlo alle loro necessità. Gli studenti mi sembrano essere sopravvissuti senza troppe sofferenze. Posso comunque affermare di averci messo tutto l’entusiasmo che avevo, nonostante alcune volte abbia dovuto ripetere le stesse identiche cose, ma questo non succede tutte quelle volte che lavoriamo con più classi di uno stesso livello?

Di fastidioso c’è il fatto che per gli ascolti non abbiamo sterei, ma registratori a doppia cassetta. Ne è più o meno assegnato uno a testa. Ma bisogna sempre chiedere se serve agli altri. I registratori sono vecchi e le cassette consumate e la qualità ne risente. Abbiamo circa 3-4 stereo con cd e cassetta, ma dobbiamo dividerceli tra compagni di stanza. Io porto con me il lap top. Ho comprato le casse e devo dire che questo permette una buona qualità dell’ascolto. Purtroppo nonostante ogni aula sia provvista di pc, il volume non è possibile regolarlo e questo è una noia da cercare di risolvere.

Vorrei ricordare questi giorni per 3 episodi:

1) Secondo livello: la classica bionda bellissima, capelli lunghi e setosi ed occhi chiari, entra a lezione senza penna, senza quaderno e libro ma solo con il cellulare. Durante le due ore di italiano disegna il contorno della sua mano sulla fotocopia che ho distribuito in classe. Morale: almeno si sarà resa conto che penna e foglio sono utili per la lezione di italiano, per non annoiarsi. In realtà no, continua ad entrare con solo il cellulare in mano.

2) Secondo livello, stessa classe di prima: Ho chiesto agli studenti quali fossero i loro scrittori preferiti: sono usciti fuori vari autori esteri e turchi. Quando Bahadir mi dice il nome del suo scrittore turco preferito, penso che mi stia chiedendo qualcosa in turco e allora gli chiedo: Per favore, me lo ripeti in inglese? E lui stupefatto mi ripete il nome ed il suono non cambia. Riconoscendo le stesse due parole (almeno questo!) mi rendo conto, ci rendiamo conto tutti, che ho scambiato il nome di uno scrittore per una frase intera e scoppia una risata generale.

3) Secondo livello, altro gruppo: Subito dopo aver ritirato le composizioni assegnate come compito per casa uno studente che non aveva fatto i compiti afferma simpaticamente: “A me non piacciono i compiti per casa!”. Al che non resisto e gli rispondo: “Eh! Invece a me correggerli piace da morire!” E poi stizzita: “Non importa se non piace: va fatto”.

Santi studenti! Che pazienza che ci vuole!

C’era una volta: prima settimana di lavoro

Per la nostra professione, un’esperienza di lavoro all’estero è auspicabile?

Da giovedì scorso trascorro le mie giornate alla Izmir Economi Universitesi: http://sfl.ieu.edu.tr/
ad Izmir (Smirne sulle cartine italiane), in Turchia.
Il grande cambiamento per ladylink riguarda non proprio il panorama, i sapori ed i ritmi della quotidianit , che sono più che altro una conseguenza assai piacevole, ma in modo particolare il modus operandi in quanto “italian instructor”. Infatti dopo 5 anni di onorata carriera sto per stravolgere totalmente le modalit di preparazione e gestione del materiale da proporre in classe.
Ma cerchiamo di capire meglio il contesto: siamo 14 insegnanti circa, 4 italiani e 10 turche. Abbiamo tutti un percorso di studi e di esperienze vario, dei 4 italiani in 3 abbiamo un Master in Didattica, delle turche so poco sinceramente (una collega sta svolgendo un dottorato di glottodidattica). Il manuale utilizzato è Rete: 1 e 2. L’italiano è una seconda lingua che lo studente deve obbligatoriamente studiare per 4 anni, questo non vuol dire che la motivazione sia alta, anzi. Le classi possono essere formate da studenti che frequentano corsi di facolt diverse o, se il gruppo è numeroso, da studenti dello stesso dipartimento.

Arrivando il 13 settembre, un mercoledì, ho perso 3 riunioni in cui veniva mostrato al gruppo insegnanti come erano stati svolti i corsi precedenti, esattamente quali pagine del libro, quali ascolti, quali fotocopie in più, prese da altri testi o da qualsiasi altra fonte. I più fortunati potevano seguire il tutto dalla fotocopia del programma settimanale del corso, che scandisce, a dirla tutta, il ritmo di lavoro ora per ora, con i relativi suggerimenti del “cosa fare con la fotocopia n°”, visto che le fotocopie vengono siglate con il livello del corso, la settimana del corso ed il numero in progressione.
Durante la settimana che sta precedendo il tanto atteso inizio dei corsi, e cioè il prossimo lunedì 25 settembre, abbiamo passato le giornate organizzando le prime 3 settimane di corso dei 4 livelli, chiaramente ce ne occupavamo divisi per gruppi, io ho iniziato con il secondo livello e poi mi sono occupata esclusivamente del terzo.
Grazie soprattutto alla convinzione e alla grinta di noi italiane, siamo riuscite ad elaborare un sillabo che comprenda l’esercitazione delle 4 abilit principali. E questo per noi, vista la situazione, è stato un grande successo, soprattutto per Anna che sta qui da un anno.
Abbiamo previsto per i corsi attivit comunicative, ascolti di canzoni ed elementi di civilt . Per il secondo livello, per ripassare i verbi al presente indicativo utilizzeremo “Domenica d’estate”, di Seba, che ci permetter anche di ripassare i giorni della settimana ed i mesi. Per il terzo livello invece lavoreremo con Jovanotti e “Per te”, con cui ripasseremo il passato prossimo e per la quale abbiamo creato una sorta di UD con varie attivit .

Tornando alla domanda iniziale: Per la nostra professione, un’esperienza di lavoro all’estero è auspicabile?
Decisamente sì è la risposta. Comunque.
Certo è che adattarsi e accettare la filosofia di lavoro del mio dipartimento di lingua italiana non è facile. La mia maggiore perplessit riguarda soprattutto il profilo richiesto per insegnare qui. Come pubblicato nella mailing list di Mezzadri, il candidato deve possedere:
* Laurea riconosciuta dal Ministero degli Esteri per l’assegnazione all’estero , in Lingue e Letterature Straniere o Letteratura italiana;
* Formazione in didattica dell’Italiano agli stranieri come L2 ;
* Minimo 2 anni di esperienza nell’insegnamento d’Italiano come L2 ;
* Sara’ considerato un bonus il possesso di un master o corsi di perfezionamento in Lettere o insegnamento d’Italiano come L2

La mia domanda è: perché richiedere degli insegnanti con determinate caratteristiche se poi non vengono messi in grado di lavorare come saprebbero fare?
Cioè: perché non sfruttare appieno le possibilit di un insegnante assunto proprio per la sua preparazione ed esperienza?
La risposta è articolata, ma ho un’idea del perché.
Vista la diversa formazione ed esperienza del corpo insegnanti, vista l’arretratezza della glottodidattica turca (una mia giovane collega mi ha mostrato il libro di analisi logica con il quale ha studiato italiano, a proposito ma che ci faceva quel libro nella sua libreria?) viste le convinzioni ancora radicate ma per noi oramai sorpassate come quella dell’importanza della grammatica e della lezione frontale come approccio alla lingua, è molto più facile strutturare momento per momento un corso, con indicazioni ben precise e chiare per tutti gli insegnanti che hanno quel livello, perché così offro lo stesso tipo di prodotto in tutte le aule, senza, apparentemente particolari abilit e mettendo in grado tutti di presentare una lezione degna del nome.
Tre mie considerazioni:

1) Questa impostazione permette di monitorare meglio l’insegnante, perché so cosa porter in classe, ma così azzero le capacit di insegnanti vivaci come me,mentre invece dovrei permettere anche agli altri di crescere professionalmente con della formazione e confronti in itinere.
2) Proprio non comprendo la carenza di materiale specifico a seconda del tipo di studente con cui andrò a lavorare. Nemmeno quando si insegna ad una classe omogenea (parlo del corso di laurea dello studente), vengono impostate lezioni che affrontino temi di interesse. Chi studia moda, chi studia informatica o economia, assister alle stesse lezioni, fotocopia per fotocopia, ora per ora, giorno per giorno.
3) L’unica speranza, una volta che non posso variare il materiale con cui lavorare, rimane il COME lavorarci. E’ questa la grande sfida!

E lunedì alle 8:30 si parte!!!!