Bimbi stranieri a scuola: Piacenza è un modello

Qualcosa sembra muoversi anche in Italia nell’educazione all’intercultura nella scuola. E forse non è un caso che la regione più avanzata sia l’Emilia Romagna. Un articoletto da Libertà.it riporta i risultati del convegno dell’ASA.Pi. (Associazione scuole autonome di Piacenza) sull’interculturalità:

(i.mol) Piacenza città d’eccellenza nell’accoglienza dei bambini stranieri a scuola. Parola dell’esperto in interculturalità Aluisi Tosolini, relatore lunedì pomeriggio al convegno organizzato dall’Associazione scuole autonome di Piacenza (Asapi). «Piacenza è l’unica città d’Italia che mette in pratica un protocollo per l’inserimento scolastico degli alunni condiviso tra scuole, Centro servizi amministrativi e Comune – ha ricordato -. Qui avviene regolarmente anche un utilizzo significativo dei mediatori culturali e delle associazioni attive sull’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Resta solo da mettere a regime tutte le esperienze già acquisite». Al centro del dibattito è stata posta le definizione di interculturalità. «In una società multiculturale è necessario che le scuole si chiedano come contribuire alla costruzione del tessuto sociale futuro», ha ricordato Tosolini, che durante l’incontro ha preso in considerazione i due documenti emessi dal ministero dell’Istruzione, sul tema. «Recentemente sono stati divulgati alcuni testi che segnalano un improvviso interesse del ministero sull’argomento – ha sottolineato -. A questo proposito, sono state individuate delle linee guida per l’integrazione degli alunni stranieri, accanto ad un pronunciamento del Consiglio nazionale della pubblica istruzione». Tosolini si è soffermato sulla necessità di individuare un progetto educativo globale sul tema dell’accoglienza. «Siamo una società sempre più interculturale e la domanda da porsi è se esiste davvero un progetto complessivo rispondente alle vere esigenze a questo nuovo tipo di organizzazione sociale», ha sottolineato. L’esperto ha poi focalizzato l’attenzione sugli obiettivi della formazione, mettendo in luce anche una mancanza di risposta da parte delle istituzioni ministeriali: «Il problema è chiedersi che tipo di cittadini stiamo formando, e se sono persone radicate nel loro luogo di nascita, ma capaci anche di collegarsi con il mondo».
Libertà on line – 30 marzo 2006

Da come si legge sono più domande che risposte. Speriamo di avere presto qualche delucidazione.