De IUS SOLI discriminatione in italica peninsula

Piove sempre
in questo
Paese.

Forse perché sono straniero.

(Gëzim Hajdari, Premio Montale 1997)

Libertà non è un volo di un moscone, libertà è partecipazione.

(Giorgio Gaber, artista poliedrico. 1965-2003)

Condizione di appartenenza di un individuo a uno Stato, con i diritti e i doveri che tale relazione comporta; tra i primi, vanno annoverati in particolare i diritti politici, ovvero il diritto di voto e la possibilità di ricoprire pubblici uffici; tra i secondi, il dovere di fedeltà e l’obbligo di difendere lo Stato, prestando il servizio militare, nei limiti e modi stabiliti dalla legge.

Questa è la definizione della parola cittadinanza secondo la Treccani.it.

Argomento scottante, quello della cittadinanza, sul quale ieri il gioverno italiano ha cercato di fare ordine, a modo suo. E così, mentre aspetto che questa legge sullo IUS SOLI venga approvata anche al Senato, mi diletto nel criticarla.

Questa legge non mi piace per niente: è un contentino, discriminante.

Quello che contesto è essenzialmente il fatto che ci sono troppe condizioni (impedimenti) da rispettare (superare) per ottenerla (poter fare domanda). Sicuramente molti degli “stranieri” da più tempo in Italia, come Mohamed Rmaly, riusciranno finalmente a mettersi in regola, ma i tempi di questo iter burocratico rimangono lunghi e il lieto fine non lo si può dare per certo.

Già la discriminante per i nati in Italia la rende una legge inaccettabile:

I bambini nati in Italia saranno italiani per nascita solo se almeno uno dei genitori ha il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo (cittadini extraue) o il “diritto di soggiorno permanente” (cittadini Ue).

Ecco a voi lo IUS TEMPERATO che permette l’ottenimento della cittadinanza ai nati in Italia da genitori che risiedono da almeno 5 anni regolarmente (se almeno uno dei genitori, in realtà), sempre che sia stata una richiesta ufficiale per questo diritto.

Altro principio ispiratore è lo IUS CULTURE che riguarda i minori arrivati in Italia entro il dodicesimo anno di età e che abbiano maturato almeno cinque anni di scolarizzazione o di percorso di studi che rilasci una qualifica professionale. Ma tutto questo non basta per diventare italiani, bisogna avere la volontà di fare richiesta. Di nuovo: la cittadinanza non è automatica.

E’ evidente, quindi, che la legge non garantisce la cittadinanza nel caso in cui se ne presentino le condizioni, ma si basa sul progetto di vita stabile dei genitori in Italia. Mi chiedo se, a parità di instabilità economica e culturale, dei genitori italiani siano in grado di infondere e garantire più italianità nel figlio. Perché di questo si tratta.

E’ chiaro che rispetto alle testimonianze di questo toccante video 18 IUS SOLI screener sono stati fatti dei grossi passi in avanti, ma per me non è abbastanza. Persino nel video si ascoltano affermazioni improprie (ridicole) -ma probabilmente avvertite come reali- circa le conseguenze di una cittadinanza “regalata” un po’ a tutti e troppo velocemente e cioè l’eventualità che fantomatiche coppie vengano in Italia solo per partorire, ottenere la cittadinanza e poi ripartire. Ora, ditemi voi se questa è una minaccia reale e un problema da prevenire. Le ondate migratorie, che da questa estate continuano indefesse, dimostrano che l’Italia è un porto di attracco e un paese di transito. Punto. Tutto questo entusiasmo nell’ottenere asilo politico in Italia non c’è, purtroppo. Quindi, da dove partirebbero queste coppie che vorrebbero guadagnarsi la cittadinanza italiana per il  proprio figlio? E quante sono le coppie che avrebbero intrapreso questo viaggio della speranza in Italia? E quante altre, una volta ottenuta la cittadinanza italiana dei propri figli, li hanno rispediti del loro paese di origine?

Numeri!!!! Dati!!!! Io voglio numeri!!! Ma non ce ne sono.

L’articolo prosegue, ma non entrerò nel merito della legge: è breve e consultabile un po’ ovunque. Preferisco, sinceramente, soffermarmi sul concetto di “meritocrazia”, che in materia di cittadinanza di minori non dovrebbe valere, ma che interpreto, sempre di più, come parametro (o pre-requisito).

La cittadinanza per dei bambini nati in Italia deve essere automatica. Per quelli che sono venuti in Italia camminando sui propri piedi vale lo stesso principio. Perché chi risiede in Italia deve godere degli stessi diritti di chi ci è nato, come chi scrive e chi legge questo articolo, per esempio.

La cittadinanza non deve essere un premio o una richiesta, deve essere concessa come garanzia di diritti; i doveri vengono di conseguenza.

La cittadinanza deve essere un modo nel quale uno stato e un cittadino si responsabilizzano l’uno nei confronti dell’altro. E’ un accordo di reciprocità, di mutuo rispetto e conoscenza.

La cittadinanza non deve essere confusa con l’identità. Per godere dei diritti, e affinché mi si richieda di onorare dei doveri, ho bisogno della cittadinanza. Qui, purtroppo, mi sembra che si insista molto sul concetto identitario, assolto anche quello in meno tempo rispetto ai cinque anni previsti dalla legge appena approvata alla Camera.

Le identità sono multiple, devono essere multiple, e il diritto alla cittadinanza non deve assolutamente appurare quale sia quella che più si sposa con il mio stato d’animo, perché con le identità (a me) funziona anche così: può essere un vestito che adatto alla circostanza, al clima, agli amici, al tè, alla musica, alla cena romantica, alla buonanotte. L’identità è un approccio, nonché un inno alla vita. Ma è multipla!

La scolarizzazione è libertà. Ma da questa non può dipendere il mio diritto alla cittadinanza, altrimenti quella italiana andrebbe tolta, o rinchiusa nel freezer, per tanti altri Italiani, brava gente! che non sa mettere in fila nemmeno una frase in modo corretto. (Due nomi a caso: Eraldo Isidori, Onorevole della Lega Nord e il senatore Antonio Razzi).

Vorrei a questo punto anche ricordarvi come funziona l’acquisizione della cittadinanza italiana per i nipoti di italiani emigrati all’estero tanti anni fa, attraverso le testimonianze di tre mie amiche.

E. brasiliana, bilingue, insegnante di italiano in Brasile, nonostante abbia richiesto la cittadinanza da tempo immemore, non riesce ad ottenerla per dei cavilli.

J. italo-argentina, la cittadinanza ce l’ha. Le ho visto la carta d’identità e mentre ce la mostrava, ci diceva esterrefatta che nemmeno lei concepiva come fosse possibile averla ottenuta senza nemmeno parlare la lingua (la studiava senza troppi successi tanti anni fa). Con quella carta di identità si era anche guadagnata un diritto al voto e al soggiorno in Europa.

L. italo-americana, ha la cittadinanza anche lei, parla italiano benino, passa alcuni mesi all’anno in Italia. L. ammette di non aver mai votato, pur avendone il diritto, perché della politica italiana non capisce nulla e quindi ci rinuncia (vabbeh si astengono dal voto anche molti italiani che, però, possono scegliere di non votare, chi non ha la cittadinanza, si vede questo diritto negato).

Questi stessi diritti concessi a una argentina e a una americana sono stati negati per anni a dei bambini nati e creciuti in Italia, che vengono, infatti, considerati stranieri e vanno ad aumentare le statistiche degli studenti stranieri in Italia, come confermato dal dossier Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. a.a. 2013-2014, ottobre 2014.

Anche per l’anno scolastico 2013/2014 si registra, un aumento, seppur più contenuto rispetto al passato, del numero degli alunni con cittadinanza non italiana. In particolare, nell’anno che si è concluso a giugno, erano presenti nelle nostre scuole di ogni ordine e grado 802.785 alunni figli di migranti, 16.155 in più rispetto al 2012/2013.
Di questi 167.591 hanno frequentato la scuola dell’infanzia, 283.233 la primaria, 169.780 la secondaria di I grado,182.181 quella di II grado.
La presenza di alunni figli di migranti segna un più in tutti gli ordini di scuola, fatta eccezione per la secondaria di I grado dove si registra una lieve flessione. Al contempo è in calo in tutti gli ordini la percentuale di alunni con cittadinanza italiana.

 

Ma va? Certo, continuiamo con la negazione di un diritto elementare come quello della cittadinanza. Faremo grandi cose.

E uno stato che non accoglie dei nuovi nati, che abbandona sui banchi gli alunni che dovrebbero essere accolti in casa, gli studenti che arricchiscono la vita di classe, uno stato che punta il dito su coloro che apportano curiosità e sapori alla dieta mediterranea, su chi dovrebbe essere avvicinato e non allontanato, non è uno stato in cui mi riconosco e in cui mi sento tutelata. La cittadinanza non deve essere un premio se vengo promosso, deve essere il primo passo perché esisto!

Per cui, mentre la legge prosegue il suo cammino al Senato, mi sembra comunque ridicolo portare a termine un ragionamento sensato su chi ha votato (e non ha votato) questa legge S.2029:

Il testo, approvato con 310 sì, 66 no e 83 astenuti, passa al Senato. I deputati della Lega hanno urlato “Vergogna!”. Quelli del Pd hanno applaudito. Al voto finale si sono astenuti i deputati M5S, mentre contro il testo hanno votato quelli di Lega, Fdi e Fi. (Repubblica.it)

E mentre l’articolo si avvicina alla conclusione, mi viene in mente che anche sulla definizione italiani di seconda generazione avrei da dire, e intanto a Napoli, in una scuola, si studia il napoletano. Fantastico!

 

 

 

Bibliografia

Gëzim Hajdari;

Cittadinanza, Treccani.it;

Internazionale.it, Verso lo ius soli temperato per i figli di cittadini stranieri nati in Italia;

Repubblica.it, Mohamed Rmaly, trevigiano di 23 anni;

Testo della legge;

Video, 18 IUS SOLI screener;

Eraldo Isidori e Antonio Razzi;

Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. a.a. 2013-2014, ottobre 2014.

Repubblica.it, Cittadinanza: sì della Camera allo ius soli. La nuova legge passa al Senato;

Napletano a scuola

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