CLA: intervista alla Prof.ssa Paola Cotticelli dell’Università di Verona

Grazie a Ilaria Molineri, siamo riusciti ad ottenere questa intervista alla Prof.ssa Paola Cotticelli dell’Università di Verona.

Il retroscena dell’intervista è un bando per la copertura di un posto di Collaboratore Esperto Linguistico per italiano L2 (CEL) a cui sono arrivate 160 candidature, un numero straordinariamente alto per questo tipo di bando (che risale al 02/02/2015). Insieme abbiamo elaborato una serie di domande che sono state poste durante la conversazione che, pur concentrandosi sulle dinamiche dei CLA, spazia fino a toccare la tanta sospirata classe di concorso in Italiano L2.

Ringraziamo la Prof.ssa Cotticelli per aver risposto diffusamente alle domande e per averci autorizzati a pubblicare le risposte. Ancora una volta un grazie speciale a Ilaria Molineri che si è incaricati di intervistare la Professoressa e di condividere il suo lavoro su Riconoscimento e sul nostro blog.

1- Quali elementi hanno indotto il CLA a pubblicare un bando per la selezione di CEL per italiano? A quando risale l’ultimo bando simile pubblicato dal CLA dell’Università di Verona? Esisteva una precedente graduatoria?

La necessità di assumere un Cel a tempo determinato per tenere un corso del programma ‘Turandot’ per gli studenti cinesi dell’Accademia di Belle Arti di Verona in quanto la precedente graduatoria si era esaurita e i presenti nelle graduatorie di altri Atenei veneti non erano disponibili.

Il concorso precedente era stato bandito nell’aa. 2010-2011. Continua a leggere

Make Your Next Move Award… getting there!

regalo 320

E così è passato un anno.
E’ passato un anno da quel famoso post sugli esami finali che segnava il mio ritorno sul blog dopo un periodo di assenza. Nella mia vita, come nella vostra, è successo di tutto e di più sia sul profilo personale che professionale, che è quello che poi mi porta di nuovo qui. Quest’anno i sopravvissuti sono gli studenti del 320, il sesto semestre di lingua italiana, corso avanzato (o giù di lì) che frequenta sia chi continua a studiare italiano, sia chi studia Relazioni Internazionali e di semestri di lingua deve totalizzarne sei. Sette studenti su otto non proseguiranno gli studi di italiano, alcuni si laureeranno a dicembre, quindi, con il mio corso, hanno messo un punto finale ad un’esperienza iniziata tre anni prima.
Ma cos’è successo di straordinario quest’anno?
E’ successo che mi è stato fatto un regalo completato, o meglio arricchito, da un bigliettino in cui ognuno degli studenti ha scritto un suo pensiero ringraziandomi per il semestre.

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Insegnare italiano negli Stati Uniti, parte I

Insegnare italiano negli Stati Uniti è un’opportunità di lavoro che vorrebbero avere in tanti.

In realtà insegnare italiano in un’università americana è un’esperienza a sé, piuttosto particolare, poi, se si hanno avuto esperienze anteriori sia in Italia che all’estero. Qui insegnare significa anche produrre voti ogni 15 giorni:  è una maratona di 40 ore semestrali equivalenti ai 42 chilometri che ci separano da Atene.

Nelle università americane l’italiano va? Sì, dai, va! Anche se in passato ci sono stati casi di Dipartimenti che hanno subito grossi tagli per esempio nell’università Suny, se non sbaglio (1). Nella parte est degli Stati Uniti l’italiano è studiato anche nelle scuole, soprattutto in New Jersey, dove in passato c’è stata una forte emigrazione di italiani. Anzi, alcuni miei studenti hanno la famiglia lì, ma vengono a studiare qui in Virginia, dove paradossalmente l’italiano non è insegnato nelle scuole ma solo nelle Università. (2)

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L’italiano in Afghanistan

Un articolo dal blog “note dal fronte” del corriere.it.

HERAT_ Possibile che nel cuore dell’Afghanistan “italiano” non ci sia neppure un corso di lingua italiana? La domanda viene spontanea visitando i locali della “Nuova Università”, il maggiore ateneo del capoluogo delle regioni occidentali dove è situato il quartier generale italiano.

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Italiano, questo sconosciuto.

Io cossi tu cuocesti egli cosse: cos’è ‘sta roba? Piccolo esame di verbi: “Se io sarebbe più abile, tu mi affiderai una squadra”. Ma anche: “Se tu saresti più alto, potessi giocare a pallacanestro”. Nel cimitero dove giacciono, insepolte, sintassi e ortografia, accenti e apostrofi si confondono in un’unica insalata nizzarda di parole: “Non so qual’è la prima qualità di un’uomo”. E tutto questo accade, si legge, si scrive all’Università.

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I Master universitari: breve guida

Nascono, crescono, si trasformano, si confondono. Sono i Master universitari. I Master di primo livello sono accessibili a chi possiede una laurea italiana quadriennale del vecchio ordinamento o una laurea triennale del nuovo ordinamento, danno 60 crediti, durano da un’anno e mezzo a due anni e costano intorno ai 2000 euro.

Le 78 Università italiane nel 2006 ne hanno organizzati ben 2.054, se ne possono trovare per tutti i tipi, come quello in “Bullismo e devianza” o quello per “Agenti di calciatori“. Anche a livello ministeriale, dopo l’aspettativa creata dalla gestione Moratti, si parla di “grande illusione”. Secondo una ricerca di AlmaLaurea (che accocia 50 Università) il Master di primo livello non fornisce alcuna possibilità in più di trovare lavoro (Sotto il profilo occupazionale non si registrano differenze tra coloro che hanno terminato un master universitario di primo livello rispetto ai colleghi che non hanno concluso alcun tipo di esperienza analoga: entrambi i collettivi lavorano) e, dato dettato probabilmente dai misteri della statistica, fa guadagnare meno (Anche per quanto riguarda il guadagno l’esperienza di master universitario di primo livello non risulta apprezzata: il guadagno mensile netto è inferiore a quello dei colleghi che non l’hanno svolto).

Intervistata sul Venerdì di Repubblica della scorsa settimana, Andrea Cammelli, presidente di ALmaLaurea, afferma: “Come spesso succede, le fasi di sperimentazione creano il caos. (…) Noi chiediamo da tempo un bollino blu per la certificazione”. Bollino blu che in realtà già esiste: lo fornisce l’Asfor, che ha criteri così esigenti che ben pochi corsi se lo possono permettere.

Il consiglio è quindi di non buttarsi nelle mani del primo venuto o del più vicino a casa, fare una ricerca seria, possibilmente parlare con qualcuno che già è passato per quelle aule o quei tutor. E, non meno importante, valutare se veramente c’è bisogno di un Master. La corsa ad ingrassare i curriculum poi nel nostro settore è ormai cronicizzata: non esistendo dei criteri che definiscano l’insegnante di italiano per stranieri, ecco che più titoli ho più mi illudo di trovare lavoro. Ma, lo sappiamo, questo non corrisponde completamente al vero.

Concludiamo questa nostra filippica con un breve quadro dei Master del nostro settore, niente più che dei link, attraverso cui districarsi e cercare di valutare l’offerta formativa e la serietà degli enti.

Master di I livello:

Università per Stranieri di Perugia – Didattica dell’italiano lingua non materna

Università per Stranieri di Siena – Contenuti, metodi e approcci per insegnare italiano ad adulti stranieri

Università Ca’ Foscari, Venezia – Didattica e promozione della lingua e cultura italiane a stranieri – itals

Università degli Studi di Padova – Didattica dell’italiano come L2

Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” – L’insegnamento dell’italiano a stranieri: lingua e cultura

Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano – Didattica dell’Italiano L2

Università degli studi di Udine – Italiano lingua seconda

Università degli Studi “G. d’Annunzio, Udine – Italianistica per la didattica dell’italiano agli stranieri

Libera Università di Bolzano – Didattica dell’italiano L2. Culture migranti, lingue e comunicazione

Master di II livello:

Università Ca’ Foscari, Venezia – Didattica e promozione della lingua e cultura italiane a stranieri – itals